XI Concorso Marcucci - A.S. 2016/2017 - page 165

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ossia brama di aver ricchezze ed onori.
Donna con occhi bendati,
e con ali alle spalle, che tiene ambo
le mani distese in atto di ricevere.
Lacupidigia,ossia“labramadiaverricchezzeedonori”comeladefinivailVenerabileMonsignor
Francesco Antonio Marcucci, è “la radice di tutti i vizi e di tutti i mali”(Papa Benedetto XVI).
Questo peccato ha caratterizzato tutta la vita umana fin dall’antichità e già nel I secolo a.C.
Sallustio diceva che “l’avidità non ama che il denaro, cosa non certo tipica dei saggi; questa
forma di avidità è simile ad un veleno mortale; illanguidisce il corpo e l’animo dell’uomo; è
sempre inesauribile e insaziabile, né l’abbondanza né la penuria di mezzi riescono la placarla”.
Tuttavia è forse proprio grazie a questo vizio che l’uomo ha sempre cercato
nuove forme d’investimento; gli stessi viaggi intercontinentali che hanno portato,
per esempio, alla scoperta dell’America, furono il risultato di quest’esigenza.
D’altra parte, dal punto di vista etico-dottrinale, l’avidità in quanto desiderio smodato di beni
materiali e non, è sempre stata considerata tra i più gravi peccati umani; lo stesso Dante
Alighieri la reputava la causa del disordine religioso e civile di tutta la società medioevale.
Ne “La Divina Commedia” egli la incarna in una lupa, inquietante per l’impressionante
magrezza, voracità ed irrequietezza che divora tutto ciò che le si avvicina senza esserne
mai sazia; si tratta di una rappresentazione non del tutto nuova in quanto la lupa è
accostata al peccato della cupidigia in molti bestiari medievali. Tuttavia si trovano diverse
rappresentazioni di questo peccato che differiscono sia da quella di Dante che da quella
del Marcucci, il quale, nella sua opera “Iconologia” , la rappresenta come una donna con
gli occhi bendati e con le ali alle spalle, che tiene ambo le mani distese in atto di ricevere.
Ambrogio Lorenzetti raffigura all’interno de “L’Allegoria del cattivo governo” la cupidigia
come un uomo alato con un lungo uncino per arpionare le ricchezze. Nel Giudizio universale
nella cappella degli Scrovegni a Padova, Giotto da molto risalto al denaro e all’avarizia
quale fonte di perversione umana, sociale e sessuale, tramite la rappresentazione di
Enrico degli Scrovegni, il quale offre la cappella stessa in dono a Dio, per la redenzione
dal peccato di usura. Nell’opera “Pelegrinage de la vie humaine” conservata nella
Blodleian Library ad Oxford è presente una miniatura con una raffigurazione del peccato
della cupidigia dove viene rappresentata come una donna con un diavolo sulla testa e
con 6 mani che cercano di prendere più cose possibili. Ne “La vocazione di San Matteo”,
Caravaggio rappresenta la cupidigia attraverso degli uomini chini, fra i quali lo stesso
San Matteo, che contano avidamente il denaro e sono destinati, dunque, a perdersi.
La cupidigia è un tema che non è solo di duemila anni fa, ma si ripresenta ancora oggi, tutti i
giorni. Papa Francesco, in merito a tale peccato(nell’ambito del denaro),durante una delle sue
omelie, ha  così ammonito la società contemporanea: «Quante famiglie distrutte abbiamo visto
perproblemidisoldi:fratellocontrofratello;padrecontrofigli!Quandounapersonaèattaccataai
soldidistruggeséstessa,distruggelafamiglia».Infatti,laprimaconseguenzadell’attaccamento
ai soldi è la distruzione dell’individuo e di chi gli sta vicino. Perciò egli ha ribadito che è bene
che ciascuno si tenga lontano da ogni tipo di cupidigia, poiché è questa che danneggia il
rapporto con i soldi; è la tensione costante ad avere sempre di più e che porta all’idolatria.
Purtroppo la società odierna è letteralmente sprofondata nella lussuria e nella violenza,
fisica o mentale che sia; e ciò si accompagna ad una avidità insaziabile e ad una superbia
intellettuale che deriva dall’avere deposto Dio dall’altare ed aver messo l’uomo stesso al suo
posto, forte delle proprie conquiste scientifiche e tecnologiche. Assuefatti, ci siamo abituati
a tutto ciò e quel minimo di consapevolezza che ne abbiamo, siamo soliti volgerlo in auto-
compiacimento: siamo fieri della nostra dissolutezza, ce ne vantiamo; peggio: siamo fieri che
CLASSE
III A
CLASSE
III A
CUPIDIGIA
SECONDO MARCUCCI
CUPIDIGIA
SECONDO GLI ALUNNI
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