Chiesa dell’Immacolata Concezione
Pieghevole chiesa dell’Immacolata Concezione
La chiesa dell’Immacolata Concezione di Ascoli Piceno è parte integrante del convento delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione, fondate l’8 dicembre 1744 ad Ascoli Piceno dal Venerabile Servo di Dio Francesco Antonio Marcucci (1717-1798), per onorare Maria Immacolata ed elevare con una sana istruzione ed educazione la condizione della donna.
Poco meno di quant’anni dopo la fondazione, mons. Marcucci avviò un splendido progetto per ampliare il primo nucleo abitativo delle suore e permettere loro di accogliere in spazi ariosi e confortevoli le numerose alunne che ne frequentavano la scuola. A tale proposito egli aveva acquistato con tenace lungimiranza nel corso degli anni diciassette case ed orti per ricavarvi lo spazio necessario alla realizzazione del progetto.
Ottenuti i permessi necessari dal papa Pio VI e dagli Anziani della città di Ascoli Piceno, il 28 ottobre 1780 fece iniziare lo scavo per la costruzione della chiesa dell’immacolata e sabato 20 gennaio 1782 fu benedetta e posta la prima pietra della fabbrica. I lavori per il completamento del nuovo tempio si protrassero senza interruzione per 15 anni e furono completati nel 1795.
La pianta del progetto della chiesa e dell’ampliamento del convento fu firmato dal giovane architetto Pietro Maggi, tuttavia l’ideazione di esso e la conduzione dei lavori furono opera di mons. Marcucci. Nel periodo 1780 – 1786, mentre svolgeva a Roma l’incarico di Vicegerente, guidò il cantiere attraverso due fidati intermediari: don Antonio Salei e Suor Emidia Maria Tuzi, che chiamava “fabriciera”, ossia direttrice dei lavori. A quest’ultima, soprattutto affidava i suoi desideri che ella riportava al Capomastro, indi al Fondatore le osservazioni di questi. Una preziosa serie di lettere, conservate nell’Archivio dell’Istituto, documenta questo intreccio di pareri e posizioni a volte fortemente divergenti. Il carteggio mette in luce la guida paterna e minuziosa del Fondatore su ogni particolare della Pia Fabbrica e la sua competenza in materia. Dal marzo 1789 le lettere su questo argomento si interrompono, perché mons. Marcucci ottiene dal papa, per motivi di salute, il permesso di tornare in diocesi, di risiedere ad Ascoli e dirigere personalmente i lavori.
La squadra dei muratori per tutta la durata del cantiere fu diretta dal celebre Mastro Giacomino Scolari, mentre Mastro Emidio Martorelli, conosciuto ad Ascoli con il soprannome di Mastrichì, guidò il lavoro degli scalpellini. Mons. Marcucci non guardò a spese, scelse i migliori materiali e volle che tutto fosse realizzato con le tecniche migliori.
La spesa per la realizzazione della chiesa, “senza computarvi la gran quantità di vino, pane, ed altra roba impiegatavi fu di circa settemila Scudi Romani”. Una somma notevolissima che egli affrontò con grandissima fiducia nella provvidenza e nella stessa intercessione di Maria SS.ma.
Il primo documento che ci parla della chiesa dell’Immacolata è la Guida alla città di Ascoli Piceno, redatta nel 1790 dallo storico Baldassarre Orsini. Così egli descrive il cantiere in opera: “si edifica sontuosamente la chiesa di forma ottagonale con le sue cappelle a forma di croce greca”.
La pianta ottagonale, inusuale in quel periodo, è una scelta del Fondatore Marcucci, ispirata a quella della chiesa del SS.mo Nome di Maria a Roma che egli frequentava durante il periodo della Vicegerenza (1774-1786), mentre per le decorazioni interne si ispira a quella della vicina chiesa romana di S. Maria di Loreto.
Le pareti esterne della chiesa dell’Immacolata confluiscono in una cupola a spicchi, anch’essa ottagonale, racchiusa in un alto tiburio coperto a tetto. La facciata piana, a due livelli, si accentua in corrispondenza dell’ingresso e viene scandita da paraste e lesene.
Sopra al portone d’ingresso rimangono i ganci che sostenevano lo stemma dell’Immacolata trafugato al tempo delle invasioni napoleoniche.
L’interno della chiesa presenta un asse longitudinale accentuato con due altari laterali ed una piccola cappella nella quale riposano le spoglie del Fondatore; all’altare centrale è riservato uno spazio più profondo con due piccole absidi laterali e coronato da una piccola cupola a pianta circolare.
La chiesa è arricchita dalla presenza dei coretti che appaiono come tagli nella superficie muraria, riquadrati e ingentiliti da una piccola cornice e chiusi da grate in legno. Al di sotto di essi ci sono semplici porte con timpano triangolare. Le decorazioni mostrano caratteri di semplicità senza rinunciare all’uso dei colori e dell’oro. Lesene corinzie si alzano a sorreggere la cornice del tiburio e si piegano al centro marcando il disegno dell’ottagono; semi-lesene, sempre corinzie, sorreggono l’imposta degli archi degli assi principali e la fascia marcapiano posta sugli assi diagonali al di sotto dei coretti. I costoloni proseguono il ritmo scandito dalle lesene fino al lanternino che si specchia nella stella disegnata sul pavimento a segnare l’immaginario centro della costruzione (Cfr. Daniele di Flavio in Guida al Museo Biblioteca F. A. Marcucci, AP, 2006, pp. 155 – 157).