Riapertura della chiesetta dei santi Gioacchino ed Anna
Libretto chiesetta Appignano del Tronto
Il primo maggio la comunità delle suore Concezioniste ha festeggiato insieme agli abitanti del luogo e tanti amici la riapertura, dopo il restauro seguito da Madre Flaviana, della chiesetta rurale dei Santi Gioacchino e Anna, sita a Valle Chifenti ad Appignano del Tronto. E’ stata una gioia condivisa con calore, semplicità ed entusiasmo da tantissime persone. Alle ore 10, il parroco don Armeno ha celebrato la Santa Messa, rallegrata dai canti eseguiti dagli “Amici del Marcucci”, mentre la banda del paese ha accolto con note festose i convenuti. Il sindaco, i rappresentanti della Pro-loco, il presidente della Provincia Celani, la signora M. Elma Anselmi, il signor Santoni e la superiora generale delle Suore M. Daniela hanno salutato i numerosi convenuti, ringraziato per la collaborazione e spiegato il senso dell’evento, raccolto nella pubblicazione “La Chiesa dei SS. Gioacchino ed Anna in Valle Chifenti”, a cura di E. Santoni, M.E. Grelli, M. P. Giobbi. Poi il pranzo all’aperto, organizzato dalle suore in collaborazione con la famiglia Luciani, affittuaria della proprietà. Nel pomeriggio, alle ore 16, un’altra santa Messa, merenda all’aperto e incontro sereno di tante persone.
Il Marcucci prese la decisione della costruzione nell’anno santo 1775, a motivo della grave malattia polmonare della giovane teologa Suor Maria Petronilla Capozi, che trascorreva a Valchifenti molto tempo e non riusciva a recarsi nella Chiesa rurale di S. Giuseppe, distante circa un miglio, neppure per la Santa Messa. Prima di avviare il progetto, chiese il permesso al Papa che volentieri glielo concesse e ne informò il Vescovo di Ascoli mons. Pietro Paolo Lionardi.
Mons. Marcucci, impegnato a Roma nella carica di Vicegerente, affidò la cura della costruzione alla superiora della comunità delle Pie Operaie, suor Maria Agnese Desio (Chieti 25 febbraio 1732 – Ascoli 23 novembre 1810) che accettò volentieri l’incarico e lo documentò in preziosi scritti da lei redatti. Di particolare importanza è il Libro della fabbrica, che descrive dettagliatamente le due convenzioni stipulate con i fornaciari, le date delle tre fornaci (giugno 1775, agosto 1775, settembre 1775), i materiali ricavati da esse: mattoni, mattonelle, coppi e calce; il nome dei muratori, di chi aveva fatto lo scavo delle fondamenta, di chi carreggiava la rena e le pietre, dei bifolchi, di chi guidava le vetture di somaretto, degli ammannitori e dell’incaricato per la segatura di travi.
Il Libro della fabbrica ci fa conoscere le modalità e gli usi lavorativi di due secoli e mezzo fa, la paga data ad ognuno, a seconda del lavoro svolto e il costo totale dell’opera (scudi quattrocento, senza gli arredi). Il documento ci informa anche che nella costruzione della Chiesetta hanno lavorato varie donne, sebbene di nessuna di esse sia riportato il nome. Facevano da ammannitrici e ricevevano come compenso giornaliero cinque baiocchi, mentre gli uomini, per lo stesso lavoro, ne ricevevano dieci. Nelle fornaci le donne avevano il compito di trasportare le pietre per la calce e, dopo la cottura, di portare la calce dalla bocca della fornace alla vasca per smorzarla.
Il 4 settembre 1775 furono benedette le prime pietre della costruzione. Da Roma mons. Marcucci guidava con attenzione i lavori e volle che su una lapide, all’ingresso della Chiesa si scrivesse: “A Dio Ottimo Massimo, Francesco Antonio Marcucci dell’Immacolata Concezione/, Vescovo di Montalto/ e Vicegerente dell’Urbe/ e le Suore/ dell’Immacolata Concezione di Ascoli/ dedicavano/ ai genitori della Madre di Dio/, San Gioacchino ed Anna/, questo Tempio/ eretto dalle fondamenta/, nell’anno bisestile 1776”.
La Chiesetta fu benedetta con solennità nella calda domenica mattina dell’ottava dell’Assunta, 18 agosto 1776. Mons. Marcucci celebrò la santa Messa, accompagnata da tre violini e un cembalo. Dopo di lui, celebrarono altri dieci sacerdoti. Alla funzione partecipò molta gente e il Fondatore offrì ai convenuti da mangiare, da bere e fece dispensare l’elemosina.
Mons. Marcucci amava molto questo luogo di campagna e godeva quando le suore trascorrevano lì un po’ di tempo per riposarsi e respirare aria pulita. Nella Chiesetta aveva fatto costruire anche un Romitorio, cioè un piccolissimo appartamento, ricavato dall’altezza del soffitto, dove ogni tanto si recava per riposare, pregare e meditare.
Questo luogo di preghiera, oggi ha ripreso vita, tornando ad essere punto di riferimento spirituale per le suore, gli alunni e le famiglie della scuola, come pure per gli appignanesi, che già da tempo l’avevano prescelto come meta di incontro festoso per la loro comunità.