Processo di Beatificazione del Venerabile Francesco Antonio Marcucci
Decreto riconoscimento delle virtù
ASCULANA IN PICENO
Beatificazione e Canonizzazione del Venerabile
FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI
Arcivescovo di Montalto Marche Fondatore della Congregazione Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione
(1717-1798)
Decreto sulle virtù
«Dio ha voluto che noi avessimo ogni grazia per mezzo di Maria».
Questa affermazione di san Bernardo ha orientato ed illuminato tutta la vita del Servo di Dio Francesco Antonio Marcucci, che era solito ripetere: «Beato chi si fida di Maria e fa di tutto per piacerle». Egli ha testimoniato questa beatitudine in modo generoso e intelligente; con particolare fervore ha onorato il mistero dell’Immacolata Concezione di Maria, alla cui definizione dogmatica, avvenuta un secolo dopo, ha offerto un significativo contributo con la predicazione e gli scritti.
Il Servo di Dio nacque a Force, un paese dell’entroterra ascolano, sabato 27 novembre 1717, dove il padre, l’avvocato Leopoldo, svolgeva l’incarico di questore; questi apparteneva ad una nobile e religiosa famiglia ascolana, mentre la madre, Giovanna Battista Gigli, era di umili origini. Fu battezzato lo stesso giorno della nascita con i nomi di Francesco Antonio.
I genitori tornarono presto ad Ascoli, nell’antico palazzo di famiglia, dove il piccolo fu accolto dagli zii, educato nella fede ed avviato allo studio sotto la guida di un severo precettore. La sua spiccata intelligenza gli permise di acquisire una solida formazione filosofica, umanistica e classica. La morte della giovane madre, avvenuta quando Francesco Antonio aveva tredici anni e mezzo, lasciò un grande vuoto nella sua sensibilità, nonostante le cure della zia. All’età di diciotto anni, durante il carnevale, avvertì con chiarezza l’inutilità della vita frivola e spensierata che stava conducendo e decise di orientarla interamente a Dio percorrendo la strada del ministero sacerdotale. Attribuì questa grazia all’intercessione di Maria SS. ma e, per ringraziarla, il 25 luglio dello stesso anno, con il consenso del suo direttore spirituale, fece voto di castità perpetua. Fu una scelta coraggiosa e generosa con la quale disattendeva i progetti lusinghieri che i familiari riponevano su di lui, unico erede di una nobile famiglia. Si recò a piedi a Loreto, insieme ad alcuni compagni, per affidare alla Vergine del sì la sua vocazione. Si preparò al sacerdozio con lo studio, la preghiera e l’ascolto della predicazione di alcuni missionari gesuiti e con quella di San Leonardo da Porto Maurizio, venuto in città per la predicazione di una missione al popolo. Si accese in lui il desiderio di imitarli per rimuovere l’ignoranza, che considerò sempre la causa di tanti mali. A venti anni ottenne dal vescovo il permesso di predicare la prima missione al popolo ad Appignano (AP), nel periodo di carnevale, per offrire ai giovani un’alternativa positiva a quella tanto superficiale e pericolosa prospettata dal mondo. Riscosse un successo straordinario. Nel frattempo il Signore gli donò la prima intuizione di fondare ad onore dell’Immacolata una Congregazione femminile. Per ottenerne la grazia e spinto dal desiderio di istruire nella fede la gente, continuò con zelo straordinario le missioni, nell’entroterra ascolano e nell’Abruzzo. La sua predicazione toccava il cuore perché era sostenuta dalla preghiera, era fondata sullo studio e sulla cura del linguaggio che adattava sapientemente alle capacità dell’uditorio. Durante queste predicazioni conobbe le prime discepole che avrebbero fatto parte della congregazione delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione. Il 25 febbraio 1741 fu ordinato sacerdote. L’8 dicembre 1744, a ventisette anni, la Vergine Immacolata gli concedeva il dono di iniziare la nuova Congregazione a lei dedicata, tra la commozione generale del popolo ascolano. Alle Suore chiese di amare e far amare l’Immacolata e di educare e formare alla fede le fanciulle e le donne di ogni età e condizione sociale. Le preparò a questa missione e le sostenne sempre con amorevole pazienza; scrisse vari libri, per istruirle nelle discipline sacre e profane. Nel maggio del 1770, Papa Clemente XIV lo nominò vescovo di Montalto Marche. La notizia gli giunse inattesa e gli causò grande turbamento, ma accettò con generosità, dicendo che avrebbe preferito morire piuttosto che disubbidire. Fu consacrato vescovo il 15 agosto nella chiesa dei Marchigiani di san Salvatore in Lauro, a Roma. Durante il soggiorno romano conobbe S. Paolo della Croce, fondatore dei PP. Passionisti il quale lo incoraggiò ad assumere l’episcopato e profeticamente gli disse: «Voi vi farete santo». Mons. Marcucci iniziò a dedicare alla Diocesi le sue cure migliori, ma dopo appena tre anni e mezzo ricevette la notizia dell’elezione a Vicegerente di Roma: qui con la consueta generosità si mise al servizio di Papa Clemente XIV. Il suo successore Pio VI, nel febbraio del 1782, lo scelse come consigliere durante il viaggio a Vienna intrapreso per avviare una trattativa con l’Imperatore Giuseppe II che svolgeva una politica anticattolica. Il Servo di Dio mantenne l’incarico di Vicegerente per dodici anni, ma continuò a seguire con zelo straordinario la Diocesi e la Congregazione delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione. Nel secolo dell’Illuminismo, certamente problematico per la vita della Chiesa, egli diede una forte e luminosa risposta cattolica alle sfide del suo tempo. Uomo colto, aperto alle scienze divine ed umane, fu un testimone appassionato e credibile del rapporto tra fede e ragione, tra fede e cultura, tra natura e grazia. Nell’ultimo periodo della vita, ormai stanco e malato, ottenne dal Papa il permesso di ritirarsi nella Casa Madre dell’Istituto. Morì serenamente ad Ascoli Piceno il 12 luglio 1798 e fu sepolto, secondo il suo desiderio, nella chiesa dell’Immacolata, dove tuttora riposa in un’apposita cappella, visitata sempre più frequentemente da tanti devoti che chiedono ed ottengono grazie. Le Pie Operaie dell’Immacolata Concezione, consapevoli delle virtù del loro Padre Fondatore e testimoni della fama di santità che andava crescendo, chiesero ed ottennero che fosse istruito presso la Curia Vescovile di Ascoli Piceno il Processo Diocesano per la sua Causa di beatificazione e canonizzazione, che si svolse dal 5 maggio 1963 al 26 novembre 1968, e la cui validità giuridica è stata riconosciuta dalla Congregazione delle Cause dei Santi con decreto del 30 novembre 2001. Nel frattempo, il 14 gennaio 1977 i Censori Teologi esprimevano voto favorevole sugli scritti del Servo di Dio. Preparata quindi la Positio, si è discusso, secondo la procedura solita, se il Servo di Dio abbia esercitato in grado eroico le virtù. Il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi nella sessione del 28 novembre 2008 espresse parere favorevole. I Padri Cardinali e Vescovi nella Sessione Ordinaria del 12 gennaio 2010, sentita la relazione del Ponente della Causa S. Ecc.za Rev. ma mons. Giovanni Paolo Benotto, Arcivescovo di Pisa, hanno riconosciuto che il Servo di Dio ha esercitato in grado eroico le virtù teologali, cardinali ed annesse. Presentata dunque al Santo Padre un’accurata relazione di tutte queste fasi da parte del sottoscritto Arcivescovo Prefetto, lo stesso Santo Padre, ratificando i voti della Congregazione delle Cause dei Santi, in data odierna ha dichiarato: Consta delle virtù teologali della Fede, della Speranza e della Carità verso Dio e verso il prossimo, nonché delle virtù cardinali della Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza e delle virtù annesse, in grado eroico del Servo di Dio FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI, Arcivescovo di Montalto, Fondatore della Congregazione delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione, per il caso e l’effetto di cui si tratta. Infine ha disposto che questo Decreto fosse pubblicato e trascritto negli Atti della Congregazione delle Cause dei Santi.
Dato a Roma, 27 marzo dell’Anno del Signore 2010
+ Michele Di Ruberto Arcivescovo titolare di Biccari Segretario |
+ Angelo Amato Arcivescovo titolare di Sila Prefetto |
Attualità del modello di santità del venerabile Francesco Antonio Marcucci
L’impegno delle Pie Operaie dell’Immacolata Concezione di proporre la causa di beatificazione e canonizzazione del fondatore mons. Francesco Antonio Marcucci, è sostenuto dalla convinzione della ricchezza della sua personalità, evangelicamente propositiva ed esemplare e della sua forza carismatica.
Desiderio ed impegno avvalorati dal consenso autorevole dell’Episcopato marchigiano[1] ed appoggiato e condiviso dal clero, dai fedeli laici, dagli alunni ed ex-alunni delle scuole della congregazione, dal gruppo “Amici del Marcucci” e dagli studiosi che hanno conosciuto il Venerabile e sono rimasti attratti dalla sua esemplarità, dalla sua forza profetica, nonché riverentemente intimiditi dalla sua levatura culturale e spirituale.
L’attenta ricostruzione storica della sua vita e la sua contestualizzazione hano fatto sprigionare una luce di straordinaria attrattiva sulla sua persona. Con umile fiducia, ci proponiamo di liberarla e di offrirla a tutta l’umanità, grati alla SS.ma Trinità che si degnata accenderla nel suo Servo fedele e alla Vergine Madre Immacolata alla cui intercessione egli si era affidato totalmente.
Nel nostro tempo, dove sta diventando sempre più diffusa la paura dell’impegno e della decisione per scelte coraggiose e definitive, mons. Marcucci offre l’esempio di prontezza generosa e perseverante alla sua vocazione. A 18 anni fa voto di castità perpetua a Dio. In tutte le sue scelte si ispira al Vangelo. Rinuncia al benessere e ai privilegi della sua nobile famiglia per vestirsi da umile missionario e, come Gesù, si mette in cammino per portare la sua Parola di misericordia, di perdono, di speranza e di pace nei luoghi remoti dell’entroterra della sua diocesi, nella stessa città e nel vicino Abbruzzo. La sua predicazione, preceduta e accompagnata dalla preghiera, dalla penitenza e da uno studio approfondito delle divine Scritture e dei Padri della Chiesa, tocca i cuori e li muove alla conversione. Questo giovane che lascia il suo benessere, che ha il coraggio di dissentire all’allettante progetto di vita che i suoi familiari gli proponevano, che riesce a superare con la forza della fede i timori della sua giovane età, per andare incontro alla gente ed evangelizzarla ha molto da dire oggi ai giovani e ai meno giovani.
La sua vita è un crescendo di amore e di servizio a Dio, alla chiesa e all’uomo del suo tempo. La familiarità con il Divino Spirito e con la sua Sposa, Maria SS.ma gli permettono di leggere la realtà in modo profetico: comprende che la causa più profonda del male del suo tempo è l’ignoranza. E questa colpisce specialmente la donna. Orienta allora la sua carità, con una cura particolarissima e coraggiosa, verso questa categoria sociale più bisognosa e, al tempo stesso, più promettente. Marcucci è convinto che la donna sia il perno della famiglia e della società e dunque dipende da lei, dalla sua educazione e formazione, il rinnovamento di tutti.
La sua intuizione nasce da un’esperienza mistico-contemplativa di gratitudine e di affidamento totale a Maria SS.ma, di cui si propone di difendere il Mistero della sua Immacolata Concezione fino al dono della vita. Alla luce di Maria, Marcucci vede la donna del suo tempo che solleva e riporta verso la Tutta Bella e la Tutta Santa. Concretizza concretizza questa intuizione in un preciso progetto che gli ispira la stessa Regina del Cielo: la fondazione di una congregazione religiosa femminile che perpetui nel tempo il suo amore per Lei ed elevi la donna, attraverso un cammino di impegno culturale e di virtù verso Maria, modello più alto di femminilità.
Marcucci traccia anche la via di questo cammino di santità. Una via accessibile a tutti, di semplicità gioiosa e di impegno perseverante, teso a trovare mille strade, mille mezzi per giungere al cuore delle persone, accoglierle e trasformarle.
Mons. Marcucci è l’educatore che sa individuare le potenzialità positive dove nessuno le vede e s’impegna con ogni mezzo e con una incrollabile fiducia in Dio e nell’Immacolata a farle crescere. E’ l’educatore che si adatta ai vari temperamenti, che spiega, sceglie e risceglie con lieto coraggio il meglio, sino all’ultimo respiro della vita. Egli vive e sperimenta ogni giorno ciò che propone agli altri; è dunque affidabile perchè è un testimone.
Come Maria, egli vive proteso a realizzare il progetto di Dio nella sua vita e in quella degli altri, superando ripugnanze, ragionamenti umani, stanchezza e disagi di salute.
S’impegna a trovare e custodire amicizie sante e, quando gli altri vengono meno, egli perdona e comprende con grande magnanimità.
“In un tempo in cui c’è tanto bisogno di persone adulte nella fede, capaci di essere compagne di viaggio dei propri contemporanei e di andare contro corrente, mons. Marcucci suggerisce alla donna di guardare a Maria con amore, per divenire sua icona, amandola non in modo semplicemente pietistico e devozionale, ma in maniera fattiva ed operosa. Mi sembra che troviamo una grandissima profezia nel concetto di santità che ci propone mons. Marcucci. Una santità perseguita e vissuta in chiave missionaria”, afferma Emma Cavallaro, ex presidente di Azione Cattolica[2].
Il riconoscimento da parte della chiesa dell’eroicità delle virtù di Mons. Marcucci “darebbe un grande impulso alla santità di tutto il popolo di Dio – afferma il Vescovo di Ascoli, mons. Silvano Montevecchi – e sarebbe motivo di grandissima gioia e consolazione per tutti”[3]. L’ideale ultimo del Marcucci: l’educazione della donna e di ogni creatura, alla luce della bellezza mariana, è tutt’oggi una grande sfida per la Chiesa e per il mondo.
[1] Conferenza Episcopale marchigiana, Macerata, 14 febbraio 2001, Summarium, doc. 2
L’impegno delle Pie Operaie dell’Immacolata Concezione di proporre la causa di beatificazione e canonizzazione del fondatore mons. Francesco Antonio Marcucci, è sostenuto dalla convinzione della ricchezza della sua personalità, evangelicamente propositiva ed esemplare e della sua forza carismatica.
Desiderio ed impegno avvalorati dal consenso autorevole dell’Episcopato marchigiano[1] ed appoggiato e condiviso dal clero, dai fedeli laici, dagli alunni ed ex-alunni delle scuole della congregazione, dal gruppo “Amici del Marcucci” e dagli studiosi che hanno conosciuto il Venerabile e sono rimasti attratti dalla sua esemplarità, dalla sua forza profetica, nonché riverentemente intimiditi dalla sua levatura culturale e spirituale.
L’attenta ricostruzione storica della sua vita e la sua contestualizzazione hano fatto sprigionare una luce di straordinaria attrattiva sulla sua persona. Con umile fiducia, ci proponiamo di liberarla e di offrirla a tutta l’umanità, grati alla SS.ma Trinità che si degnata accenderla nel suo Servo fedele e alla Vergine Madre Immacolata alla cui intercessione egli si era affidato totalmente.
Nel nostro tempo, dove sta diventando sempre più diffusa la paura dell’impegno e della decisione per scelte coraggiose e definitive, mons. Marcucci offre l’esempio di prontezza generosa e perseverante alla sua vocazione. A 18 anni fa voto di castità perpetua a Dio. In tutte le sue scelte si ispira al Vangelo. Rinuncia al benessere e ai privilegi della sua nobile famiglia per vestirsi da umile missionario e, come Gesù, si mette in cammino per portare la sua Parola di misericordia, di perdono, di speranza e di pace nei luoghi remoti dell’entroterra della sua diocesi, nella stessa città e nel vicino Abbruzzo. La sua predicazione, preceduta e accompagnata dalla preghiera, dalla penitenza e da uno studio approfondito delle divine Scritture e dei Padri della Chiesa, tocca i cuori e li muove alla conversione. Questo giovane che lascia il suo benessere, che ha il coraggio di dissentire all’allettante progetto di vita che i suoi familiari gli proponevano, che riesce a superare con la forza della fede i timori della sua giovane età, per andare incontro alla gente ed evangelizzarla ha molto da dire oggi ai giovani e ai meno giovani.
La sua vita è un crescendo di amore e di servizio a Dio, alla chiesa e all’uomo del suo tempo. La familiarità con il Divino Spirito e con la sua Sposa, Maria SS.ma gli permettono di leggere la realtà in modo profetico: comprende che la causa più profonda del male del suo tempo è l’ignoranza. E questa colpisce specialmente la donna. Orienta allora la sua carità, con una cura particolarissima e coraggiosa, verso questa categoria sociale più bisognosa e, al tempo stesso, più promettente. Marcucci è convinto che la donna sia il perno della famiglia e della società e dunque dipende da lei, dalla sua educazione e formazione, il rinnovamento di tutti.
La sua intuizione nasce da un’esperienza mistico-contemplativa di gratitudine e di affidamento totale a Maria SS.ma, di cui si propone di difendere il Mistero della sua Immacolata Concezione fino al dono della vita. Alla luce di Maria, Marcucci vede la donna del suo tempo che solleva e riporta verso la Tutta Bella e la Tutta Santa. Concretizza concretizza questa intuizione in un preciso progetto che gli ispira la stessa Regina del Cielo: la fondazione di una congregazione religiosa femminile che perpetui nel tempo il suo amore per Lei ed elevi la donna, attraverso un cammino di impegno culturale e di virtù verso Maria, modello più alto di femminilità.
Marcucci traccia anche la via di questo cammino di santità. Una via accessibile a tutti, di semplicità gioiosa e di impegno perseverante, teso a trovare mille strade, mille mezzi per giungere al cuore delle persone, accoglierle e trasformarle.
Mons. Marcucci è l’educatore che sa individuare le potenzialità positive dove nessuno le vede e s’impegna con ogni mezzo e con una incrollabile fiducia in Dio e nell’Immacolata a farle crescere. E’ l’educatore che si adatta ai vari temperamenti, che spiega, sceglie e risceglie con lieto coraggio il meglio, sino all’ultimo respiro della vita. Egli vive e sperimenta ogni giorno ciò che propone agli altri; è dunque affidabile perchè è un testimone.
Come Maria, egli vive proteso a realizzare il progetto di Dio nella sua vita e in quella degli altri, superando ripugnanze, ragionamenti umani, stanchezza e disagi di salute.
S’impegna a trovare e custodire amicizie sante e, quando gli altri vengono meno, egli perdona e comprende con grande magnanimità.
“In un tempo in cui c’è tanto bisogno di persone adulte nella fede, capaci di essere compagne di viaggio dei propri contemporanei e di andare contro corrente, mons. Marcucci suggerisce alla donna di guardare a Maria con amore, per divenire sua icona, amandola non in modo semplicemente pietistico e devozionale, ma in maniera fattiva ed operosa. Mi sembra che troviamo una grandissima profezia nel concetto di santità che ci propone mons. Marcucci. Una santità perseguita e vissuta in chiave missionaria”, afferma Emma Cavallaro, ex presidente di Azione Cattolica[2].
Il riconoscimento da parte della chiesa dell’eroicità delle virtù di Mons. Marcucci “darebbe un grande impulso alla santità di tutto il popolo di Dio – afferma il Vescovo di Ascoli, mons. Silvano Montevecchi – e sarebbe motivo di grandissima gioia e consolazione per tutti”[3]. L’ideale ultimo del Marcucci: l’educazione della donna e di ogni creatura, alla luce della bellezza mariana, è tutt’oggi una grande sfida per la Chiesa e per il mondo.
[2] Ema Cavallaro, in Donna, educazione e società, SEI, Torino 1995, p. 283.
[3] Mons. S. Montevecchi, lettera al cardinal Josè Saraiva Martins, Ascoli Piceno, 31 gennaio 2001, Congregatio de Causis Sanctorum, Positio Super Vita Fama Sanctitatis et Virtutibus di mons. Marcucci, Asculana in Piceno, Vol. I, Roma 2003, Summarium, doc. 1.
Intercessione
L’intercessione del Venerabile Francesco Antonio Marcucci dell’Immacolata Concezione
a cura di suor M. Paola Giobbi
Di seguito sono riportate alcune grazie ottenute da Dio per intercessione del Venerabile Francesco Antonio Marcucci perché la gioia, la lode e la gratitudine di chi ha sperimentato la bontà divina, diventino motivo di fiduciosa speranza per tutti.
Lina Buccella di Nereto (Teramo) di anni 10, educanda nel collegio delle suore Pie Operaie di Ascoli, nella mattina del 10 aprile 1945, colpita da appendicite acuta, fu immediatamente ricoverata all’ospedale, dietro ordine del dottore, senza però potersi operare a motivo della temperatura troppo alta.
Il caso era molto grave: la bambina era in pericolo di vita. “Si implorò la protezione del nostro Santo fondatore” affermano la superiora Sr. M. Agata di SS. Pietro e Paolo e la segretaria Sr. M. Angelica. La mattina s’incominciò il triduo e la sera la febbre diminuì. La bambina incominciò a sentirsi meglio e il giorno seguente la febbre scomparve del tutto. Il professore la tenne ancora in osservazione e, dopo due giorni dal pericolo scampato, cioè al termine del triduo, disse che non era più necessario l’intervento poiché quello Divino aveva superato tutti gli aiuti umani. La bambina all’ospedale si confessò e ricevette la S. Comunione in ringraziamento al caro Santo Fondatore e da allora la devozione al suo intercessore è diventata grande: non lascia di recitare la preghiera scritta su un’ immagine del Servo di Dio e di tenere la sua reliquia sotto il suo guanciale.
Tornata in collegio, suore e compagne fecero festa alla piccola miracolata e – scrive la segretaria – “riconoscenti al nostro Santo Padre Fondatore, lo ringraziamo della sua paterna assistenza e pregheremo di cuore il Signore, affinché ci dia la gioia di vederlo presto elevato alla gloria degli altari”.
Livia BAMONTI di Ascoli Piceno, figlia di una collaboratrice delle suore Pie Operaie, fu colta da meningite tubercolare. Il caso era gravissimo; fatta la cura di streptomicina nell’Ospedale di Ascoli Piceno, la figliuola non accennava a migliorare. La mamma venne piangendo in convento ed espose la gravità della malata. La Madre Superiora consigliò di ricorrere al Fondatore Mons. Marcucci e consegnò alla donna l’anello pastorale del Padre. La mamma tra le lagrime portò alla figlia la preziosa reliquia e da quel momento la malata cominciò a star meglio fino a guarigione perfetta, senza nessuna ombra del male passato. Perfettamente sana, tornò a casa sua. Nel 1955 si è sposata e sta bene. La testimonianza è stata raccontata dall’allora superiora generale, Madre Caterina Pavoni che fu testimone oculare del fatto.
SUOR MARIA PIA RAFFO dell’AMOR DI GESU’, ex Superiora Generale delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione, nel 1947 fu colta da forti dolori addominali, al lato destro. Il gonfiore del ventre e il colore verdognolo della faccia fecero diagnosticare un tumore o una cirrosi. Poiché le cure non giovavano e il gonfiore aumentava sempre di più, fu fatta una radiografia dalla quale risultò che si trattava di un vero tumore con “diramazioni” alla spalla e all’intestino. Dai medici curanti e dallo stesso nipote, pure dottore, fu definito il caso “gravissimo” e alla malata vennero dati soli 8 giorni di vita. Fu chiesta la grazia al Servo di Dio Marcucci, e fu supplicata la Vergine Immacolata perché ottenesse al suo Devoto di esaudire le preghiere delle figlie. L’ammalata inghiottì anche un minuscolo quadratino di stoffa tolto da un camice del Servo di Dio. La grazia si ottenne.La Madre Maria Pia guarì perfettamente e senza alcun disturbo è vissuta fino al 1960 ed è morta all’età di anni 80 di ictus cerebrale e non di tumore.
Suor Maria Melania Emili nel 1951 aveva 18 anni e si trovava a Roma quando, verso la metà di ottobre, cadde gravemente ammalata, con forti dolori addominali, febbri altissime (40-41,5) e dissenteria continua. Fu ricoverata all’ospedale di S. Giovanni, dove diagnosticarono un tifo nero avanzato, cadde in coma. Il primario disse che la paziente poteva morire da un momento all’altro. La superiora generale, Madre Caterina Pavoni, vedendola così grave, le mise nel dito l’anello vescovile del Fondatore mons. Francesco Antonio Marcucci, invitandola a chiedere, per sua intercessione, la grazia della sua guarigione. Intanto, anche tutte le Suore della Congregazione iniziarono una novena di preghiere al Servo di Dio, con la stessa intenzione. Essendo poi la giovane novizia di secondo anno, le permise di fare i voti. Nel delirio, Suor Maria Melania vide il Fondatore che la guardava sorridente indicandole Maria Immacolata. Da quel momento cominciò a star meglio. La suora ha ora 80 anni e lavora in piena salute già da 32 anni come missionaria in Brasile. La dottoressa Amelia Benigni che ha seguito il caso, ha lasciato dietro richiesta dell’Istituto una testimonianza, in data, Roma 4 dicembre 1995.
Carmela Merletti di Ascoli Piceno. La sua testimonianza del 2002:
“Chi è un Santo?
Me lo sono chiesto spesso, e profondamente, mentre vivevo la mia esperienza di incontro con mons. F. A. Marcucci, durante il periodo più cupo e pesante della mia vita. E alla fine di quella prova, che ho superato col suo aiuto, ho capito che il Santo non è colui nel quale si confida per ottenere una guarigione miracolosa o per governare situazioni strettamente concrete: il Santo è il medico dell’animo, colui che compie miracoli spirituali, sanando soprattutto i mali dell’anima, lo scoraggiamento, la depressione, la disperazione terribile che può afferrare l’essere umano di fronte ad avvenimenti della propria esistenza che spesso appaiono invalicabili.
Quando mi rivolsi a lui mentre vivevo anch’io uno di questi momenti di grande avvilimento, non era però la prima volta che mi avvicinavo a mons. Marcucci. Per tre anni, infatti, dagli undici ai quattordici anni avevo vissuto come collegiale nel convento delle suore Concezioniste di Ascoli Piceno, dove frequentavo la scuola media.
Ero rimasta affezionata a quel ricordo, sebbene gli avvenimenti della vita mi avessero portato lontano, fisicamente e moralmente, da quel luogo e piano piano avessero oscurato la mia fede.
Ad un certo punto, a causa di un’attività finita male, mi ero trovata un carico di debiti i cui interessi aumentavano di anno in anno senza che io riuscissi a porci rimedio. Inoltre, ero rimasta sola a gestire questa situazione finanziaria sempre più feroce con lavori precari: infatti mio marito era stato colto da un infarto improvviso mente si trovava all’estero per lavoro.
Si salvò, ma una volta rimpatriato non poté tornare a svolgere la sua professione. Infine il proprietario di casa ci aveva dato lo sfratto.
Ero ormai a un punto senza ritorno: avevo impegnato ogni cosa per ottenere ulteriori crediti dalle banche, persino, una proprietà di mia madre, ma tutto si risolveva in un ulteriore gorgo di debiti; alla fine mi vidi perduta.
Mi ricordai allora delle mie suore, del Santo che era stato il custode della mia adolescenza, del suo insegnamento fondato sull’allegria e su un illuminato sentire; un giorno, dopo molti anni, ritornai al collegio.
Volli parlare della mia condizione a S. Maria Cristina Egidi che era stata mia insegnante ed ella mi esortò a pregare e sperare. Mi condusse nella cappella di mons. Marcucci e lì io pregai come non mi era più successo.
Nell’accomiatarmi, le suore avrebbero voluto darmi una reliquia di mons. Marcucci, ma non ne avevano altre, oltre quella personale di ognuna di loro; fu la suora portinaia che, privandosene, mi donò la sua , come Viatico e Protezione. Quella sera andai a letto stringendo la reliquia nella mano. Non so cosa mi aspettassi, probabilmente mi piaceva solo il senso di calore che essa mi trasmetteva.
Mi sono formata a una cultura positivistica e laica negli anni successi alla scuola delle Concezioniste, sono lontana perciò da ogni forma di morboso misticismo o di esaltazione bigotta.
In quel momento, poi, avevo per la testa solo le telefonate delle banche che sarebbero ricominciate il mattino, i miei assegni post-datati, l’avvenire oscurissimo di mio figlio che aveva allora dieci anni. Mi resi conto che era stato solo per lui che non mi ero uccisa dopo che suo padre ci aveva lasciati, ma anche questa responsabilità era stata per me solo un peso capace di ancorarmi ad una vita che non volevo più.
Come al solito non dormivo: da tempo non ci riuscivo più, nemmeno coi sonniferi. Ero solo immersa in un torpore leggero, che fu interrotto da una sensazione bruciante, come di un graffio sul braccio sinistro: Mi riscossi, ma ero sicura di non avere sognato e pensai ad uno stato allucinatorio dovuto alla tensione.
Sempre con la reliquia in mano cominciai a pregare, ma dopo qualche minuto il fenomeno si ripeté: un dolore più forte, ancora la sensazione di essere aggredita da unghie che mi graffiavano. Mi scoprii il braccio ma non vidi alcun segno: Allora recitai il rosario con fervore affidandomi alla Madonna e così per giorni, un mese, due….
Mi ero ricordata delle parole del testamento spirituale, una sua lettera, di mons. Marcucci: “Non vi abbandonerò mai” aveva detto rivolgendosi alle sue collegiali.
Così conoscendo la sua devozione per la Madonna la notte recitavo il rosario, chiedendo la sua intercessione. La situazione continuava a precipitare, finché la banca cui dovevo di più fece gli atti a mia madre. Era la rovina: Quella sera pregai e mi rivolsi a Dio, mi affidai, dicendo ad alta voce: FIAT VOLUNTAS TUA. E mi addormentai profondamente.
Sognai mons. Marcucci che sorridendo com’è nella sua iconografia mi indicava la Vergine. Mi svegliai nel pieno della notte con un senso di beatitudine come se tutto si fosse sistemato. Era una serenità che poteva addirittura sembrare uno stato di ipnosi. Il giorno mi telefonò una persona offrendomi del lavoro gratificante e redditizio; inoltre questa persona provvidenziale mi offrì consistenti anticipi che mi permisero di cominciare a pagare le banche.
Solo dopo molto tempo ho saputo che Giovanni, che è diventato mio socio, aveva fatto uno strano sogno: egli che è agnostico aveva sognato una suora sconosciuta i cui tratti però mi sembrarono dalla sua descrizione in tutto simili a quelli di S. M. Cristina che lo esortava ad essere il mio Angelo Custode; e gli Angeli Custodi di questo mondo possono essere uomini di mezza età con gli occhiali che offrono un lavoro in società se mandati da un Santo. Da quel momento mons. Marcucci lo sento dietro le mie spalle, presenza calda e protettiva.
Ha voluto anche suo figlio nella sua scuola: Liceo della comunicazione “Tecla Relucenti”, intervenendo di nuovo nel momento in cui il ragazzo, scosso dai difficili anni trascorsi, stava, per prendere una strada traversa alla vita.
Quello che potrà avere significato nella vita di mio figlio lo potrà dire soltanto lui. E non adesso.
Perché credo nessuno può sostituirsi al volto di qualcun altro, ognuno di noi ha la sua storia ed è un progetto nel disegno di Dio”.
C. M
Sueli Aparecida Vital. La testimonianza della sorella Suor Maria Sonia dal Brasile, 18/07/2002
“Con grande gioia e con il cuore pieno di gratitudine a Dio, do testimonianza delle meraviglie che il Signore ha realizzato nella vita di mia sorella Sueli Aparecida Vital (ventidue anni) sposata da un anno con Geomir Dallabrida. Lei è stata molto male a causa di seri problemi cardiaci. Dopo tanti mesi di dura prova, il suo caso diventava sempre più complicato e i medici non avevano più risposte, tutto sembrava impossibile, tutto era incerto. Cosa fare? Era la domanda di tutti. Alla giovane Sueli, restava poco tempo di vita, affermava la Dottoressa Eliana e c’erano pochissime possibilità che la paziente potesse superare l’intervento chirurgico. Alla fine, decisero di tentare l’intervento. Ci furono quindici giorni di attesa che ci sembrarono un tempo infinito; il dolore e la sofferenza penetravano profondamente il cuore della nostra famiglia, che mai ha perso la speranza, anzi si è unita ancora di più nella preghiera.
Ricordo un momento cruciale, pieno di luce, quando riuniti in famiglia, ho parlato telefonicamente con madre Roberta, superiora generale della congregazione a cui appartengo, ed ho chiesto di pregare il Padre fondatore, il Servo di Dio Mons. Francesco Antonio Marcucci per mia sorella. In questo momento mi sono sentita più figlia della congregazione e più sorella delle mie consorelle; la croce non era più solo mia e della mia famiglia, ma era diventata di tutte noi: tutte le suore Pie Operaie dell’Italia, del Brasile e delle Filippine pregavano per la stessa intenzione.
Nel giorno dell’intervento, diciannove aprile 2002, siamo rimaste nella sala d’attesa, io, mio cognato Geomir, papà e mamma. Sono state sette lunghe ore di grande sofferenza, vissute però con molta fede e speranza perché sapevamo che molte persone erano unite a noi in preghiera.
Dopo l’intervento, mia sorella non era più la stessa, era stata toccata dalla mano potente di Dio, non era più in pericolo di vita. Tutti, compresi i medici, eravamo meravigliati ed intimoriti dal fatto. Diamo gloria a Dio, perché siamo stati testimoni del suo potere e della sua bontà.
Oggi mia sorella continua le preghiere con la reliquia del Fondatore, recita il rosario tutti i giorni e afferma di essere rinata, sì, è tornata ad essere una donna nuova!
‘Mia amata sorella, ti sei sentita avvolta dell’amore di Maria, hai detto che la tua faccia si è confusa con la sua nel contemplarla; non avere dubbi, Francesco Antonio Marcucci è stato l’intercessore presso Maria Santissima, che ha interceduto presso Gesù. Puoi cantare con giubilo e gratitudine con le parole del tuo grande benefattore Marcucci: Io sono il miracolo di Maria”.
Ingrid, Curitiba (Brasile), settembre 2003
“Con il cuore pieno di gratitudine a Dio do testimonianza delle meraviglie che ha realizzato nella mia vita ed in quella della mia famiglia.
Agli inizi del 2002 ho ricevuto la notizia che alla mia cognata Ingrid, di soli 24 anni, era stata diagnosticato un tumore all’ipofisi. Anche se si trattava di un tumore benigno, i medici avevano deciso di asportarlo, perché si stava avvicinando al nervo ottico col rischio di farle perdere se non totalmente, almeno parzialmente la capacità visiva. Anche l’intervento presentava gravi rischi, uno dei quali era l’infertilità. I dottori scelsero di provare a far diminuire la massa tumorale con dei farmaci, e soltanto se ciò non avesse dato alcun effetto sarebbero intervenuti con la chirurgia. Saputa la gravità del caso ho pregato e chiesto preghiere alle mie consorelle e ad altre persone, invocando l’intercessione del Servo di Dio Mons. Francesco Antonio Marcucci. alcune persone ne hanno collaborato anche all’acquisto dei costosi farmaci richiesti. Il trattamento medico di attacco era già iniziato da qualche mese, quando ad ottobre del 2002 ricevevo la notizia che Ingrid aspettava il suo primo figlio. Insieme a tanta gioia, mio fratello e la sua sposa non mi nascosero la preoccupazione per la nuova vita che cresceva. Non potevano sapere, infatti, quali sarebbero state le conseguenze sia per la madre, per aver interrotto drasticamente un trattamento tanto delicato, sia per il feto, giacché la mamma aveva continuato a prendere le medicine durante i primi due mesi della gravidanza. Appena ho potuto, mi sono recata ad Ascoli Piceno, nella nostra Casa Madre, e ho messo sulla tomba di Marcucci una foto di Ingrid dove ho scritto: ‘Caro padre Marcucci, prego che per la tua intercessione il Signore, nella sua immensa bontà, misericordia e potenza, guarisca la mia cognata dal tumore all’ipofisi e doni al bambino che porta nel suo ventre salute e pace (14.10.2002)’.
Nella mia semplicità ringrazio di cuore a Dio e sono sicura dell’intercessione del Fondatore Marcucci presso di Lui, invocato da me e da molti con tanta fiducia. Grazie al Signore ed a Maria Immacolata oggi la mia cognata non soffre più i forti mal di testa di una volta e lo scorso 22 maggio ha dato alla luce Leonardo, un bel bambino sano e sereno, venuto al mondo per rendere grande il nome di Dio. Ora continuiamo a pregare per la salute di Ingrid.
Suor Maria Vanessa F. Hilario”[1].
Maria Ernesta Campanelli Cellini, Cupra Marittima (AP), 6/10/2003
“Sono un’assidua lettrice di ‘Luci di Maria’. Sono nata nel 1914 a Cupra Marittima. Nel 1918 mio padre che era costruttore, ha venduto la casa alle ‘Pie Operaie dell’Immacolata Concezione’, le quali già da 4 anni si trovavano nel nostro paese. Noi siamo andati ad abitare in un’altra casa molto vicini così io stavo sempre dalle Suore, sia per il catechismo che per le adunanze dell’azione Cattolica. Ho imparato anche il ricamo, perché fin da bambina, finita la scuola, mia madre mi mandava dalle Suore, maggior motivo di legarmi di più a loro. A 20 anni mi sono sposata con un bravo e caro ragazzo che mi ha portato ad abitare un po’ più lontana ma tuttavia non mi sono mai allontanata dalle Suore a me tanto care. Nel 1991 è venuto a mancare mio marito così siamo rimaste sole io e l’unica mia figlia (che non si è sposata). Da quando si è aperta la casa per Suore anziane e inabili il nostro rapporto si è rafforzato sempre più, la loro casa è per noi la seconda casa, andiamo spesso da loro, sia per la S. Messa festiva che feriale, per pregare e trascorrere un po’ di tempo in loro compagnia. Ho approfondito la conoscenza del loro Venerabile fondatore Monsignor Marcucci, la cui Santità non è ancora dichiarata dalla Chiesa, ma sono certa che Lui ha impetrato dal Signore la grazia per la mia guarigione, ascoltando le preghiere che tutte le Suore hanno fatto per me. Il 2 settembre scorso sono stata ricoverata di urgenza in ospedale, a San Benedetto del Tronto in gravi condizioni e mancanza di ossigeno nel sangue che rendevano il quadro clinico molto complesso. Sono stata per 24 ore in uno stato di torpore (semi coma). Mia figlia che mi è stata sempre vicina mi ha detto che mi sono svegliata come da un sonno e lucidissima ho detto: ‘Le Suore concezioniste sono venute a Cupra nel 1914 quando sono nata io e da allora aspettano un miracolo perché il loro Fondatore possa essere Beatificato, ebbene il miracolo l’ha fatto a me, io sono stata miracolata, sto benissimo. L’indomani mi hanno dato un pasto completo e il dottore ha detto a mia figlia che tutto procedeva bene. Il mattino successivo, dopo due giorni, mi hanno trasferita in rianimazione, in coma (dove sono rimasta per sei giorni) con scarse possibilità di ripresa, grave scompenso cardiaco con edema polmonare. Tornata in reparto in uno stato di semi coscienza non ero in grado di nutrirmi e reggermi in piedi, alternando momenti di relativa lucidità ad altri di totale incoscienza. Le Suore non si sono mai stancate di pregare per la mia guarigione, perché solo un miracolo poteva salvarmi. Dopo un mese e 4 giorni di degenza, sono stata dimessa perché più di quello che avevano fatto non potevano farmi. Il giorno che sono uscita dall’ospedale per la prima volta ho fatto qualche passo con il deambulatore sorretta da due persone. Tornata a casa per due settimane ho avuto bisogno di aiuto per qualsiasi cosa: alzarmi, vestirmi, mettermi a letto. Con l’aiuto di una fisioterapista che è venuta a casa per 10 volte, ho incominciato a camminare. Ora sto benissimo, cammino da sola senza appoggio, scendo le scale, ma soprattutto ho la mente libera, non mi sembra vero e pensare che anche il mio cervello ha subito danni. Come non ringraziare il Signore di tutto questo? Sono certa di aver ottenuto questa grazia per intercessione di Monsignor Marcucci. Ringrazio ancora le carissime Suore e la Madre Generale che, oltre alle preghiere si sono attivate in mille modi per rendere il momento difficile della malattia meno pesante a me e a mia figlia. Grazie!! Grazie!! Grazie!!”[2]
Mecca Domenica Maria, Lagopesole (PZ), maggio 2004
“Sono Mecca Domenica Maria, nata ad Avigliano (Pz) il 20/04/1939 ed ivi residente nella frazione di Lagopesole, via Verdi, 92. Con questa mia intendo ringraziare il Signore che, per intercessione del suo servo Francesco Antonio Marcucci, mi ha fatto la grazia di superare la gravità del male diagnosticatomi e mi ha messo in grado di accudire agevolmente alle mie mansioni di famiglia e di osservare i miei doveri religiosi con la partecipazione quotidiana alla Santa Messa e alla comunione.
Il 13 novembre 1999 a seguito di un malore avvertito, fui ricoverata nell’ospedale San Carlo di Potenza, dove mi fu diagnosticato un linfoma latero cervicale con il seguente giudizio diagnostico: quadro morfologico riferibile a linfoma maligno con Hodgkin, centro cistico, centroblastico, diffuso sec. W. F. a grado intermedio di malignità. Le cellule neoplastiche esprimono il seguente immunofenotipo: LCA+CD20+ CD3, EMA e CD30.
Il 14 seguente, mi fu asportato un linfonodo alla mammella.
L’esame istologico del 1 dicembre 1999 riportò i seguenti dati clinici: bx ossea, descrizione macroscopica biopsia ossea di cm 1,5; giudizio diagnostico midollo sede di diffusa infiltrazione di malattia linfoproliferativa. Nel gennaio 2000 fui sottoposta a chemioterapia fino al giugno 2003.
Il 29 giugno mi recai a Lourdes in pellegrinaggio in carrozzella, accompagnata da Suor Patrizia, delle Pie Operaie della Immacolata Concezione, la quale mi parlò del loro Fondatore Francesco Antonio Marcucci, morto in odore di santità, mi diede una sua immagine mi raccomandò di rivolgermi a lui per chiedere al Signore la grazia della guarigione. Nel frattempo mi rassicurò che anch’essa con la sua consorella e con il parroco mi avrebbero raccomandato ogni giorno all’intercessione del loro Fondatore.
Da quel giorno non ho mancato mai di pregare di fronte all’immagine ricevuta, intronizzata nella sala da pranzo e sempre presente durante tutta la giornata nella certezza di essere esaudita.
Grazie a Dio, per intercessione del suo servo Francesco Antonio Marcucci, oggi mi sento abbastanza bene e non ho avuto più bisogno di ricorrere alla chemioterapia, partecipo quotidianamente alla santa Messa in parrocchia, faccio la santa Comunione e trovo anche il tempo per visitare qualche infermo e accudire, oltre che ai miei doveri familiari, anche alla mia suocera che vive sola ed è abbastanza avanti negli anni. È mio desiderio che si divulga tale bella notizia a lode di Dio e del suo Servo Francesco Antonio Marcucci, cui sarò eternamente riconoscente e che unita alle tante altre che leggo in ‘Luci di Maria’, possa concorrere alla sua beatificazione.”[3]
Lola Bufagna Rozzi, PA, Stati Uniti d’America, luglio 2004
La signora Lola Bufagna in Rozzi, ex alunna dell’istituto ad Ascoli Piceno, vive già da molti anni negli Stati Uniti, dove è sposata ed insegna italiano all’università. Due anni fa circa, venne a Casa Madre per salutare il Fondatore e le sue insegnanti tra le quali Suor M. Santa.
Apprese con gioia la notizia dei progressi che la causa di Beatificazione del Servo di Dio stava facendo, chiese varie immaginette e biografie che riportò ai suoi studenti e alle persone malate a cui lei, come ministro dell’Eucarestia, era solita portare la S. Comunione.
Lo scorso Giovedì Santo, mentre si recava con suo marito da una figlia per trascorrere insieme la Pasqua, la loro auto è stata violentemente investita e scaraventata lontana. Il marito è morto all’istante e Lola è caduta in un coma profondo. La sorella Gianfranca informa tramite e-mail le suore chiedendo preghiere per l’intercessione del Servo di Dio. Si inizia contemporaneamente una novena ad Ascoli e in America al termine della quale Lola si sveglia dal coma e comincia a dare segni di vita. Gianfranca torna in Italia e benché abiti a Genova, viene a salutare e ringraziare con suo marito il Fondatore. Intanto i familiari e le suore continuano ad invocare l’intercessione del Fondatore per Lola che migliora di giorno in giorno.”[4]
Francesca, Roma, 15 dicembre 2004
“Tutto è cominciato circa due mesi fa, esattamente il 25 novembre. Mio padre aveva un’escrescenza sotto la lingua e mia sorella lo ha portato da un otorino. Per noi tutto ciò era naturale, ma quella mattina stessa ella telefonò dicendo ‘Papà ha un tumore sotto la lingua, uno dei più brutti e non sanno se già è arrivato ai polmoni, dev’essere operato d’urgenza. La cosa più brutta è che si deve scavare sotto la lingua e non si sa se verrà asportata’. Il buio aveva invaso i miei occhi, non capivo se era tutto un brutto sogno ed ho pensato: ‘Adesso devo pregare, non può finire così’.
Il giorno stesso ho incontrato Madre Virgilia, la persona di cui ho una stima profonda; lei con la sua calma mi ha detto: ‘Prega, non ti stancare mai, chiama il Marcucci e digli che interceda per te presso la Madonna, vedrai che Lei ti aiuterà; noi pregheremo con te.’ E così è stato. Giorno e notte chiamavo mons. F. Marcucci, lo pregavo di aiutarmi e lui mi ha ascoltato.
Una mattina, esattamente il 7 dicembre, mio padre si sveglia incredulo e dice a mia madre: ‘Non ho più i linfonodi gonfi, l’escrescenza è più piccola e si muove, vedrai che l’operazione sarà più leggera di come era prevista.’ Noi abbiamo creduto che, come al solito, voleva tranquillizzarci (lui è molto forte e ama proteggere la famiglia).
Il 15 dicembre, il giorno tanto atteso, arriva: entra in sala operatoria alle 7,30 e il professore ci dice di stare calme, l’intervento potrebbe essere lungo e molto esteso. ‘Non abbiate paura se uscirà tardi e pieno di tubi e ce l’avrà anche alla gola, anche il viso potrebbe essere deturpato’. Dopo due ore, esce il professore incredulo…l’escrescenza era molto circoscritta ed internamente le pareti erano sane. Mio padre non aveva nemmeno un tubo, solo una flebo.
Il nostro entusiasmo era grande, l’incubo era finito grazie al nostro Marcucci che sono certa non mi ha abbandonata.
Ora ringrazio tutte voi perché in questo momento particolare non mi avete lasciata sola, voglio ringraziare Suor Maria Paola che senza conoscerla di persona è riuscita anche lei a prender parte al mio dolore nel suo silenzio, con le sue preghiere mi ha dato tanto conforto. Voglio aggiungere solo un invito rivolto a tutti i lettori: ‘Pregate sempre, in ogni circostanza, non disprezzate la vita: toccare il fondo è tremendo, ma rivedere la luce che Dio ha creato è assolutamente meraviglioso! ”[5]
Erika, la testimonianza dei genitori, Roma, marzo 2005:
“Nell’aprile del 2003, la nostra bambina più piccola (neanche 18 mesi di vita), si ammalò. Ricoverata in ospedale le fu fatta la diagnosi: Neuro-blastoma. Praticamente, dentro il pancino di nostra figlia, viveva una grossa massa, che, andava subito trattata con chemioterapie. Da lì è iniziata la nostra battaglia. Da subito ci siamo affidati a Maria perché Lei è la mamma che per prima ha sofferto per suo Figlio e sa cosa vuol dire.
Nelle nostre preghiere abbiamo chiesto anche l’intercessione del Servo di Dio Francesco Antonio Marcucci e insieme a noi lo hanno fatto tutte le suore e le signore del gruppo ‘Amici del Marcucci’.
Sofferenza e preghiera ci hanno accompagnati in quel brutto periodo, ma… dopo aver fatto i sette cicli di chemioterapia per ridurre la massa e un intervento che ristabilisse lo stato della malattia, finalmente nel gennaio 2004 ci fu dato l’esito: la malattia era regredita!
La nostra battaglia era finita. Da quel momento nostra figlia avrebbe fatto solo dei controlli periodici. Io e mio marito che tante volte in quel periodo abbiamo sognato la Vergine Maria, insieme alle nostre due bambine vogliamo ringraziarla e insieme a Lei vogliamo ringraziare il suo Servo Marcucci e chiedere che la nostra fede sia sempre più forte. Il loro sguardo ci accompagni e il loro amore protegga sempre la nostra famiglia e tutte le famiglie che stanno soffrendo per i figli che stanno male. La mamma e il papà di Erika.”[6]
Elena Di Stefano, Lagopesole (PZ), 26 aprile 2005
“Sono Elena di Stefano, umile fedele di Dio. Sento il dovere di raccontare a tutti la vicenda che mi ha vista soggetto di una tremenda storia di sofferenza e di preghiera. La mia vita era scossa da una serie di vicende familiari che mi avevano gettato in un stato di prostrazione per la malattia mentale che aveva colpito mia figlia e un brutto male di mia sorella.
Con questo scenario, in seguito ad una visita oncologica presso l’ospedale di Rionero in Voltrure, mi viene diagnosticato un carcinoma al colon destro. Il primario dell’ospedale, vista la gravità, decise di operarmi nell’imminenza delle festività pasquali.
Espletati gli esami di routine, il 23 marzo 2005, fui operata d’urgenza. Fu un intervento complicato di 8 ore. Durante questo calvario, vedevo i miei familiari vacillare; la mia fede però mi ha sostenuta. Ripetevo al Signore: ‘Sia fatta la tua volontà’. In questo frangente, la superiora del mio paese Sr. M. Patrizia delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione mi diede alcune immaginette con la storia del suo Fondatore mons. Francesco Antonio Marcucci ed una preghiera per ottenere la sua beatificazione.
Nei giorni di degenza, mi sono raccomandata alla sua intercessione. L’ho pregato molto in ospedale, prima e dopo l’intervento ed ho fatto pregare altri ricoverati offrendo loro l’immagine del Servo di Dio con la preghiera. Sappiamo che nei momenti di sofferenza si prega con il cuore e le mie suppliche come quelle degli altri ammalati erano molto sentite; ritengo di essere stata premiata.
A distanza di un mese dall’intervento, il 26 aprile 2005, alla visita oncologica il medico che mi aveva in precedenza parlato della necessità di un ciclo di chemioterapia, guardando l’esito dell’esame istologico, mi disse che non era più necessaria alcuna cura. Lo ringraziai. Lui mi rispose: ‘Non deve ringraziare me, questa è una grazia di Dio!’
Si potrebbe osservare che non si tratti di miracolo, semplicemente dell’esito di un esame istologico, ma io mi sento graziata; tutto questo ha aumentato la mia fede e già questo lo reputo un miracolo.
Sono convinta che mons. Francesco Antonio Marcucci abbia interceduto e pregato per me. Dopo l’esito positivo del mio intervento, mia figlia sta bene e questo è stato il vero miracolo che non ho smesso di chiedere.”[7]
Suor Maria Cleonice Bergmeier, Cascavel, Paranà (Brasile), 13/12/2008
“Il giorno 9 ottobre 2007 fui colpita da un forte dolore di testa che non mi passava con nessun farmaco. Mi prescrissero una tumografia e una risonanza magnetica che rilevarono un tumore alla testa; il neurologo mi disse che dovevo operarmi urgentemente per vedere di che natura fosse il tumore.
Il chirurgo mi informò anche che l`intervento poteva lasciare deficienze fisiche come perdita della vista, paralisi della parte sinistra, ecc. Mi sentii fuori di me e per un attimo vidi tutto scuro, ma ad un tratto, dentro di me venne una luce e senti la certezza che il Fondatore mons. Francesco Antonio Marcucci mi avrebbe aiutato. Mentre tornavo a casa, le gambe mi tremavano, il cuore mi batteva sempre più forte, nella testa mi passavano mille pensieri, ma quella luce che stava dentro di me mi dava forza e coraggio per affrontare quel rischio. Tornata a casa, la triste notizia si diffuse a tutte le comunità della Congregazione e la Madre Generale chiese che tutte cominciassero una novena di preghiere al Fondatore, perché ottenesse il miracolo della guarigione; in seguito, si unirono nella preghiera della novena i miei parenti, amici e conoscenti. Il 20 novembre 2007, dopo l’intervento, il medico dichiarò che non si trattava di un tumore, ma di una trombosi. La diagnosi fu confermata anche per mezzo della biopsia. Dopo qualche giorno, il medico stupito, mi chiese quante preghiere avevamo fatto, perché lui aveva fatto solo la sua parte.
Il 15 dicembre sentii un forte dolore alla spalla e non riuscivo respirare, fui portata nuovamente d’urgenza all’ospedale, dove scoprirono che si trattava di una trombo embolia polmonare. Dopo il trattamento, tornai a casa. Ma il 22 dicembre fui di nuovo ricoverata all’ospedale perché la medicina mi aveva causato un forte contrasto fino a farmi perdere i sensi. Il mio stato fu dichiarato gravissimo, ma la preghiera al Fondatore continuava. I medici non sapevano cosa stesse succedendo, si preoccuparono e mi sottoposero a tanti accertamenti per trovare la causa del mio stato. Trovatala e fatto il trattamento, ritornai a casa il 28 dicembre 2007.
Non é rimasta nessuna conseguenza e i medici si meravigliano di questo mio totale recupero. Io e tutte le Suore, parenti, amici e conoscenti ringraziamo il Fondatore Francesco Antonio Marcucci per questa grazia.”
Matteo e Giulia Boretti, la testimonianza della mamma, Ascoli Piceno, 1/08/2008
“Grazie mons. Francesco Antonio Marcucci
Il primo agosto 2008 la mattinata appariva normale calda e soleggiata. Matteo e Giulia Boretti, fratello e sorella, cresciuti e formatisi nella scuola delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione di Ascoli, contro ogni loro abitudine, decidono di recarsi insieme in campagna. Lungo la strada brecciata, subiscono un tremendo incidente.
La loro autovettura, inspiegabilmente, vola in un burrone profondo più di trenta metri, cappottandosi sei o sette volte finendo in un fosso con la vettura capovolta tra due pareti di roccia. Tutti i vetri scoppiano, tranne quello del guidatore: Matteo lo sfonda, afferra la sorella prendendola fra le sue braccia e riesce a risalire la scarpata portandola in salvo. Il servo di Dio, F. A. Marcucci, invocato da me, come di solito, col toccare la sua immagine che sempre porto nella mia borsa, li ha abbracciati e sollevati e ha fatto sì che uscissero illesi da questo terribile incidente. Tutta la nostra famiglia, molto devota di Lui, continua a invocare la sua intercessione presso il Signore e la vergine Immacolata.
Noi, per sempre devoti, ringraziamo sperando che avvenga al più presto la sua Beatificazione.
La mamma, Laura Ferri in Boretti”[8].
Marina Palazzetti, Roma, 15/08/2008
“Sono Marina Palazzetti, la mamma di due alunni della Scuola paritaria “Maria Tecla Relucenti” di Roma, Via Cosimo Tornabuoni, 2. Ho 44 anni. In questa Scuola ho conosciuto il Fondatore delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione, mons. Francesco Antonio Marcucci di cui sono molto devota.
Da un po’ di tempo, soffrivo di allergia da stress. Tutto è cominciato verso la fine di giugno peggiorando di giorno in giorno.
La notte del 15 agosto scorso, 2008, solennità di Maria SS.ma Assunta in cielo, non ce la facevo più. Il mio corpo era completamente ricoperto di chiazze che mi davano un prurito così forte da provocarmi la rottura dei capillari. Sembravo una lebbrosa, soffrivo tantissimo. Pregai Maria e il Servo di Dio Marcucci di cui sono devota, implorandoli ad alta voce di aiutarmi o sarei andata in ospedale. Pregando mi addormentai e sognai di andare a Scuola su una barella, avvolta con una coperta, per cercare Suor Maria Damiana, l’insegnante di mio figlio. Trovai la Suora accanto a mons. Francesco Antonio Marcucci il quale, appena mi vide, si avvicinò e mi tolse la coperta dicendomi: – Stai tranquilla, ci sono io a proteggerti!
Mi svegliai di soprassalto, mi sentivo bene, leggera, mi guardai il corpo e vidi che la mia pelle era completamente risanata.
Non finirò mai di ringraziare il Servo di Dio F. A. Marcucci e Maria Immacolata ai quali mi abbandono con fiducia”.
Elza Albieri Oliveira, Curitiba (Brasile), 24/11/2008
“Io, Elza Albieri Oliveira, do testimonianza di una grazia ricevuta il 24 novembre 2008, per intercessione del Servo di Dio Francesco Antonio Marcucci nella stessa settimana durante la quale celebravamo 291 anni della sua nascita. Dopo essere ritornata a casa dalla preghiera del rosario alla quale avevo partecipato nella casa delle suore, ho iniziato a sentire, sempre di più, un forte dolore alla gamba destra. Una volta a casa ho cercato di calmare il dolore con un olio adatto per fare i massaggi, ma non ho avuto risultati positivi. Il dolore ha persistito tutta la notte e niente poteva alleviarlo. Allora mi sono ricordata che durante il nostro incontro di preghiera, Madre Virgilia (Madre Generale delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione) ci aveva raccontato alcune testimonianze di persone che avevano ricevuto grazie per intercessione del Servo di Dio Francesco Antonio Marcucci. In questo stesso istante, con fede, io e mio marito Francesco, abbiamo preso la reliquia del Marcucci e l’abbiamo appoggiata sopra la gamba che doleva. Abbiamo recitato insieme la preghiera di beatificazione chiedendo la grazia della guarigione e allo stesso instante il dolore è scomparso. Ho potuto dormire tranquillamente e da allora non ho mai più sentito quel dolore che mi trapassava, come una trivella dentro tutta la gamba. È con molta fede e speranza che do testimonianza di questa grazia ricevuta. Continuo a pregare con fede la preghiera per implorare la beatificazione del Servo di Dio Francesco Antonio Marcucci”.
Padre di Sabina Gaspari, Ascoli Piceno, 30/12/2008
“Da 6 anni mio figlio Lorenzo frequenta la scuola MARIA IMMACOLATA di Ascoli Piceno.
Quella di iscriverlo a una scuola privata di ispirazione cattolica fu una scelta casuale più che ponderata, ma come ogni buon cristiano sa, non importa il motivo per cui le cose cominciano: importa cominciare.
Mi sono così imbattuta in una realtà che ha abbracciato me insieme a mio figlio.
La trama di rapporti che la frequentazione quotidiana di quell’ambiente genera, ha del singolare.
Senza alcuna preventivazione, alunni e genitori disseppelliscono il talento della disponibilità ad agire rapporti di solidarietà, amicizia, condivisione…rendendo quel luogo una dimora dalla quale si genera l’esperienza di una possibile convivenza. Di una convivenza nuova, perché fondata su valori che nascono e rinascono ogni giorno.
Come contraccolpo dello stupore è nata in me la curiosità: da dove origina la vividezza di questa esperienza? Ho dovuto faticare, destreggiandomi tra decine di pubblicazioni che le suore mi hanno messo a disposizione, prima di arrivare dove era necessario che arrivassi: ad un nome, un volto, un uomo. Ero rimasta affascinata dalla biografia di suore della congregazione, dal racconto della loro vocazione, dalla loro dedizione all’Opera cui appartenevano, dalla fatica con cui la Famiglia delle Pie Operaie dell’Immacolata ha attraversato la Storia (le confische napoleoniche, i soprusi risorgimentali e post risorgimentali, le guerre mondiali…) continuando impunemente a fare quello che avevano sempre fatto, sin dall’origine: educare. Educare, tenere aperta la scuola, anche quando le priorità sembravano altre: come oggi !
Perché non hanno ceduto, mi sono chiesta, perché non si sono piegate a fare altro: curare gli ammalati, soccorrere i poveri, ritirarsi in preghiera….
Educare, tenere aperta la scuola, anche nelle cantine messe a loro disposizione, quando la loro propria casa era occupata dai soldati napoleonici e le loro aule erano stalle per i cavalli….
Educare, tenere aperta la scuola anche quando gli agostiniani, i filippini, dopo le prove della storia vi avevano rinunciato in città.
Quella lezione dovevano averla stampata bene in mente, ho pensato. Ma chi l’ha impressa così forte? Per la semplicità e la naturalezza con cui l’hanno perpetrata nei secoli, capivo che non è stato solo aver risposto ad un imperativo morale: è stata persuasione profonda, amore.
E amore è stato il seme che il loro fondatore ha profuso con tale sovrabbondanza, da renderlo invulnerabile alle prove. Inevitabilmente nell’incontro del carisma di Mons. Marcucci trovavo risposta alle mie domande. Chiedevo allora di conoscere meglio lui. E per fortuna nel frattempo si stavano moltiplicando le pubblicazioni di sue opere, altrimenti manoscritte e conservate in solenni volumi settecenteschi, che non avevo l’audacia di sfogliare. Ma l’esperienza della sua opera, della quale quotidianamente vivevo, l’aria che respiravo entro le mura ove le sue spoglie abitano, hanno continuato a pungolarmi irresistibilmente.
Dopo una scossa di terremoto avvertita alle 6 di mattina di un giorno feriale, accompagnai mio figlio a scuola. Nei corridoi incontrai una persona che so essere ingegnere edile, lo fermai per chiedergli se secondo lui fosse stato prudente lasciare i bambini in quella struttura che ha 300 anni. Non ricordo la risposta che mi diede, perché si intromise mio figlio dicendomi: mamma, noi abbiamo Francesco Antonio Marcucci qua dentro, cosa vuoi che ci succeda!
Sono avvocato. Dopo 5 anni mi sono accorta di aver commesso un errore importante in una causa di risarcimento che sto patrocinando per un cittadino congolese: una delle migliori persone che io abbia mai incontrato. Troppo avanzata la fase del giudizio per porci riparo. Trascorsi la notte insonne con il rosario in mano: quello donatomi dalle suore, con l’immagine dell’Immacolata e di Mons. Marcucci. All’indomani la difesa della controparte dichiara di rinunciare a quella eccezione per me pregiudizievole.
La mattina dell’8/12/2005, fui costretta ad alzarmi dal letto. Non rivelo il come e il perché, giacché ne temo il giudizio. Tuttavia scesi in cucina e cominciai a scrivere una commedia, che poi ho intitolato “ Nu Sante in Paradise”. Da anni nella scuola Maria Immacolata è in uso che in occasione del Carnevale i genitori allestiscano una “recitina” che offrono ai figli – spettatori. Pare la tradizione sia nata per commemorare la conversione del Marcucci, avvenuta in occasione del Carnevale (festa sentitissima in città), ed io, in virtù della mia esperienza come attrice dilettante, ero stata designata a provvedere all’allestimento già dall’anno precedente. Non avevo mai scritto opere teatrali, era la mia prima esperienza. Fu grande il successo ottenuto sul piccolo teatrino della scuola, che ci fu offerto di replicare successivamente al Teatro Ventidio Basso. Anche lì, fu un bel successo, ma chissà quanti degli oltre 500 spettatori hanno saputo che prima dell’apertura del sipario 20 genitori provatamente dilettanti si sono tenuti per mano recitando sul palco l’Ave Maria ed invocando la protezione di Mons. Marcucci, così come durante il periodo delle prove, in cui, come una vera famiglia, hanno condiviso tempo e fatica, offrendolo per la Beatificazione del Fondatore?
Nel 2006 le suore, raccogliendo sollecitazioni ormai diverse e diffuse, hanno organizzato una gita a Roma per visitare i luoghi in cui Mons. Marcucci aveva vissuto ed operato. Ricordo l’atmosfera di quell’esperienza: non era davvero solo una gita turistica. Era domenica 2/4/2006.
Il 4/4/2006 alle ore 8,20, ricevetti una telefonata da mia madre: mio padre accusava un malore. Mi precipitati da loro, arrivando prima dell’ambulanza, e seguii tutte le fasi del soccorso. Dopo la prima tac eseguita d’urgenza al Pronto soccorso dell’Ospedale di Ascoli, il medico di turno, mio conoscente, mi disse che trattavasi di ischemia celebrale, che c’era un versamento, che non era possibile stabilirne l’entità, perché in corso, che non era possibile fare previsioni, né intervenire in alcun modo. Mio padre fu trasferito in reparto, ove fu colto da una crisi epilettica: normale decorso, mi dissero, in questi casi. Quello che non era normale era l’entità e la durata della crisi. Infatti, furono costretti alla somministrazione di una seconda dose di sedativo, essendo risultata inefficace la prima e avendo preso di sorpresa un po’ tutti anche per la importanza con cui si era manifestata. Il neurologo ci disse subito che era in pericolo di vita.
Mi inginocchiai nel corridoio dell’ospedale, innanzi alla porta della stanza dove mio padre gridava come un ossesso, e cominciai ad invocare Mons. Marcucci. Non fu un atto deliberato. Fu istintivo. Proprio il primo che mi fosse venuto in mente. La circostanza che io fossi inginocchiata in un posto aperto al pubblico disturbò moltissimo le infermiere che mi redarguirono pesantemente dicendomi che “non stava bene pregare così”. Per tutta risposta ricevettero da parte mia un insulto, ma io continuai a pregare così. Era privo di sensi e attaccato ad un respiratore quando lo trasferirono in una stanza della terapia intensiva, dove lo vegliai per una notte, un giorno e un’altra notte. Lasciai l’ospedale intorno alle 10 di mattina, con mio padre nelle stesse condizioni. Durante tutta la notte mi avevano consentito solo di bagnargli le labbra con un panno, perché giudicato non capace di deglutire.
Non tornai a casa. Andai sulla tomba di Mons. Marcucci, dove rimasi per più di un’ora. Poi a casa per una doccia e prima di coricarmi per riposare chiamai mio marito che mi aveva dato il cambio in ospedale. “Come sta papà?” gli chiesi. “Bene. Ha mangiato e ora sta riposando”.
La terza notte in ospedale fu mio zio Franco a rimanere per l’assistenza, e a raccontare di aver visto il neurologo che, parlando con un collega, alzava le braccia al cielo come dire “Bo?! Non capisco”.
Dopo 13 giorni furono disposte le dimissioni: la diagnosi era “demenza senile”. Feci notare al dottore che mio padre era stato ricoverato con una diagnosi di ischemia e che la prima tac denunciava un versamento. Repentinamente ci strappò il foglio dalle mani. Tornò nella sua stanza dalla quale uscì dopo circa 2 ore. Non ricordo la formulazione della successiva diagnosi: parole difficili per non dire niente di senso compiuto.
Promisi a Mons. Marcucci che avrei fatto qualcosa per ringraziarlo pubblicamente. Pensavo ad una sua immagine, ad una targa da collocare nel mio paese: Maltignano. Pensavo di chiedere a mio padre di finanziarla e cercavo il modo per farne un evento non solo personale, ma non ne feci parola con nessuno, neanche con mio padre. Dopo un anno e mezzo chiamai mia cugina Monica, assessore al Comune di Maltignano. Cominciai a parlarle di Mons. Marcucci, che non conosceva. Conosceva però la sua opera, perché suore della Congregazione hanno una comunità a Maltignano da oltre 50 anni. Si è appassionata, ha portato il progetto al Consiglio Comunale. Nel frattempo scoprivamo che Mons. Marcucci aveva soggiornato a Maltignano, probabilmente in una casa adiacente a quella di mio padre: il muro della camera da letto di mio padre è in comune con questa casa. Con atto del settembre 2008 il Comune di Maltignano ha deliberato l’intitolazione di una piazzetta a Mons. Marcucci. La cerimonia ufficiale si è tenuta il 28/11/2008. Sulla targa è scritto semplicemente Mons. F. A. Marcucci fondatore della Congregazione delle Pie Operaie dell’Immacolata.
I maltignanesi dicono: è il Santo che ha fondato la congregazione delle nostre suore”.
Marlene Maria De Souza, Curitiba (Brasile), 16/02/2009
“Da sei anni soffro senza soste di forti dolori sulla spalla destra, secondo il dottore dovuto ad una infiammazione del nervo. Seguendo raccomandazioni mediche ho iniziato a prendere varie medicine per calmare il dolore, come Nimesulida, Dorflex e Anador. Ho iniziato anche a fare delle sessioni di fisioterapie per migliorare il trattamento, ma non ho avuto risultati ottimali.
Durante tutto il tempo della malattia sono stata impossibilitata di compiere gli abituali compiti di una donna di casa, come per esempio pulire il pavimento, passare lo straccio o l’aspirapolvere, lavare e stendere gli indumenti… perfino per lavarmi i capelli dovevo abbassarmi all’altezza della mano, poiché non potevo portarla al capo giacché il braccio non si alzava piú della spalla.
Dopo tanto tempo che soffrivo questi dolori, sono stata invitata dalle Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione a partecipare del Gruppo degli “Amici del Marcucci”, dove preghiamo il rosario tutti i lunedì.
Pian piano ho iniziato a conoscere meglio il Servo di Dio Francesco Antonio Marcucci e ho incominciato a recitare la preghiera che ho ricevuto nel gruppo per implorare da Dio la sua Beatificazione. Tutte le sere, prima di dormire, pregavo con devozione e chiedevo la grazia della cura di questi forti dolori. Dopo circa cinque incontri di preghiera ho iniziato a sentirmi molto meglio. Come ho detto, da quando ho iniziato a pregare il rosario con il gruppo chiedo la grazia della cura. Tutte le sere appoggiavo la reliquia del Servo di Dio Francesco Antonio Marcucci sulla spalla dolente e mi addormentavo pregando e parlando con lui; chiedevo la sua intercezione e dicevo:
“Servo di Dio Francesco Antonio Marcucci, intercedi presso Dio per me, e concedimi la grazia della cura. Mio Servo di Dio, mio amico, sono una donna di casa, e necessito stare bene per adempiere i miei compiti di madre e sposa. Aiutami!
Oggi, dopo quattro mesi di assidua preghiera al Servo di Dio Francesco Antonio Marcucci non necessito di nessun medicamento e non sento più i forti dolori che mi hanno fatto compagnia per sei anni.
Ho la certezza che se oggi sono guarita è stato per l’intercessione del Servo di Dio Francesco Antonio Marcucci, che ringrazio immensamente. Mai finirò di ringraziare Dio per questa grazia ricevuta”.
Rosalba De Marco, Roma, 23/10/2009
“Mi chiamo Rosalba De Marco e sono un’ex alunna della Scuola delle Pie Operaie Maria Tecla Relucenti in Roma.
Nel duemila ho avuto la mia prima gravidanza con grossi problemi di salute. Negli ultimi giorni precedenti il parto, visto l’aggravarsi della situazione (per motivi di coagulazione rischiavo un embolo polmonare), le suore mi hanno accompagnato con le loro preghiere, pregando per me il Marcucci e la Madonna. I medici sconsigliavano una seconda gravidanza per non incorrere ai problemi sopraggiunti alla prima.
Portando la mia prima bimba (Giulia) alla scuola materna conobbi Suor Maria Orsola, una suora profondamente religiosa e sostenitrice della causa del Marcucci. Lei mi sollecitava spesso a riprovare e a credere nella potenza della preghiera. Avendo instaurato con lei un forte legame, decisi di parlare con il mio medico (specialista in ematologia) anche lui fortemente cattolico e soprattutto convinto che sicuramente una seconda gravidanza sarebbe stata positiva.
La seconda gravidanza è andata benissimo, nessun tipo di problema. Avevano ragione. Le preghiere delle suore della mia scuola mi hanno accompagnato per nove mesi. Appena partorito, la mia prima telefonata fu per loro.
Ho deciso di donare la camiciola del battesimo del bimbo (Daniele) a Francesco Antonio Marcucci, nella sua tomba che si trova in Ascoli, come ringraziamento del dono fattomi”.
Giovanni Traini, Ascoli Piceno, 2010.
“Non ho sufficienti elementi per gridare al “miracolo”, ma credo di averne per testimoniare una bella protezione e una vera grazia ricevuta da Monsignor Marcucci.
Recentemente, precisamente nello scorso maggio, sono stato ricoverato in ospedale in fin di vita per una fibrosi polmonare con focolaio broncopneumonico destro.
La prognosi riservata ha consentito a un mio figlio, maresciallo nell’arma dei carabinieri, di ottenere una licenza di dieci giorni, per salutare il padre morente.
Mentre le forze scemavano e il mio pensiero diventava sempre meno lucido, mia moglie che mi assisteva amorosamente e con angoscia, ogni sera mi faceva recitare quella preghiera riportata dietro l’immagine di Monsignor Marcucci.
Ebbene, io stesso ancora non ci credo, mi sono ripreso rapidamente, ed eccomi qui a casa mia, ad Ascoli Piceno con i miei familiari, a vivere nuovamente le mie solite abitudini.
Da qui, ora, io guardo nuovamente il sole che illumina la mia strada di questa splendida avventura che è la vita. Ieri, sette ottobre, festa della Madonna del Rosario, sono andata a ringraziare con mia moglie e il mio nipotino Tiziano, l’amico Marcucci sulla sua tomba, all’interno della Chiesa dell’Immacolata, nella casa madre delle suore Concezioniste, dove mia moglie ha frequentato nel 1949 la terza media”.
Faliza D. San Josè, Quezon City (Filippine), 2010:
“Sono Faliza D. San Josè, ho 76 anni, non sono sposata e vivo in una zona depressa di Quezon City nelle Filippine. Ho tre figli adottati. Eisenhower, di 30 anni, senza lavoro; Gemarjo, studente, sta prendendo la laurea in scienze dell’educazione e attualmente sta facendo un corso estivo; Mary Ann, di 19 anni è impiegata come collaboratrice domestica.
Il mio problema era finanziario. Un ragazzo della mia parrocchia di 15 anni, cha sta lavorando a Dubai è arrivato con le dame di carità.
Ho pregato Francesco Antonio Marcucci chiedendogli, per sua intercessione e per la gloria di Dio, la grazia di avere qualcuno che pagasse la tassa universitaria per Gemarjo; la mia richiesta è stata esaudita. Esprimo milioni di grazie a Francesco Antonio Marcucci e alla Superiora delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione. Ringrazio anche Suor Maria Adele che mi ha permesso di inviare questa lettera alla Casa Madre della Congregazione. Dio benedica tutte le suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione”.
Ester Cataneo, Curitiba (Brasile), luglio 2010
“Da tempo soffro di un tumore maligno alle ossa, chiamato “osseolite”. Si tratta di una infezione, causata da una interruzione del sangue nel tessuto osseo, che ne provoca la morte. Ho anche un’artrite reumatica cronica, che mi causa un’infiammazione persistente articolare molto dolorosa. Sono stata ricoverata varie volte per lungo tempo, riponendo fiducia nei medici e in Dio per scoprire l’origine dei miei mali e trovare il trattamento adeguato.
Ho chiesto incessantemente di essere curata, perché non potevo più camminare e il mio organismo rigettava qualsiasi trattamento.
Si avvicinava il matrimonio di mio figlio e ho chiesto a Dio, per l’intercessione di Maria, la grazia di poter essere presente. Il 23 gennaio 2010 ho potuto partecipare a questo momento unico della vita del mio figlio, anche se avevo fatto il trapianto osseo solo due giorni prima.
Tuttavia la ferita non si rimarginava e nessun medicamento era capace di curarla. Io ho sempre pregato chiedendo a Dio la guarigione. Ricordo che era appena trascorsa la Pasqua e ho pregato così: “Mio Dio, se sono degna di ricevere la grazia della guarigione, dammi un segno”. Ho aperto la Bibbia nel Libro di Ezechiele (37,1-7) dove dice: “la mano del Signore è scesa su di me”. Lui mi ha portato in spirito in una pianura coperta di tante ossa secche e mi ha fatto camminare in mezzo ad esse. Mi ha detto il Signore: “figlio dell’uomo, possono queste ossa ritornare alla vita? Ecco io farò entrare in te lo spirito e rivivrai”.
Dopo questa esperienza, i medici hanno cominciato a capire la cura esatta che il mio organismo accettava, perché fino a quel momento aveva rigettato qualsiasi trattamento. Mi ha preso in cura una dottoressa: la ferita finalmente si è chiusa e io sono certa che Dio, come dice la sua Parola, ha messo osso dove non c’era l’osso, muscolo dove non c’era muscolo, carne dove non c’era la carne. Queste parole mi hanno commossa profondamente e non ho mai dubitato che il momento della guarigione sarebbe venuto anche se la ferita era già della grandezza di una mano adulta.
Poichè a Cascavel non avevano il trattamento necessario, fui trasferita a Curitiba. Mentre aspettavo di essere trasferita lì, ho ricevuto la reliquia di Mons. Francesco Antonio Marcucci. Ho cominciato a pregare con molta fede e ricevevo l’Eucaristia dalle mani di una religiosa della Congregazione che lui aveva fondato, la quale pregava con me per la mia guarigione.
Quando sono arrivata a Curitiba, mentre aspettavo l’intervento, ho messo tutto nelle mani di Maria e le ho chiesto che mi preparasse un luogo e medici adatti. Ho sentito che Maria mi era vicina e mi confortava insieme al Venerabile Marcucci.
L’intervento è durato sette ore, ma dopo tre giorni sono ritornata a Cascavel per concludere il trattamento. Ho cercato di coinvolgere tutta la mia famiglia nella preghiera, perché potessi essere guarita e sono stata esaudita”.
Scaramucci Elisa, la testimonianza della mamma, Ascoli Piceno, 2010:
“Nessuno può credere da solo. Il fatto di poter credere lo devo solo a Dio, che si rivolge a me… poi lo devo a coloro che mi sono vicini e che hanno creduto prima di me e credono insieme “con” me. Questo grande “con” è la Chiesa (Benedetto XVI).
Voglio iniziare a scrivere la nostra storia con queste parole del Papa. Non potrebbe interessare a nessuno il semplice e straordinario fatto che ci è successo senza questo “con”, che ci fa famiglia, che ci mette in comunione e che ci fa gioire con chi è nella gioia e soffrire con chi è nel dolore.
Francesco Antonio Marcucci è colui che ha creduto prima di me, un prima però, che è presenza ! Chi ha vissuto la propria vita con Dio nel cuore, rimane nella storia, continua ad agire, a parlare, a consolare, a suggerire la via!!! Questa è la santità, ed è dentro la certezza che il nostro caro Fondatore sia vicinissimo al cuore di Dio e di Maria Sua Madre, che spesso mi rivolgo a lui con amore di figlia… come ad un padre presente, che ascolta, opera, guida. A undici anni ho iniziato a frequentare la scuola delle Concezioniste. Con sincerità posso dire che sono stati tre anni fondamentali nella mia vita, sia dal punto di vista culturale che umano-spirituale. Il rapporto splendido con suor Cristina Egidi, la mia cara preside, è stato importantissimo per me; da lei e direi con lei ho conosciuto e amato monsignor Marcucci. Senza pensarci su, tutti i miei cinque figli, dall’età di 3 anni, sono cresciuti a casa delle suore di Ascoli. Io e mio marito viviamo l’esperienza scolastica dei nostri figli nella serenità di affidarli ogni mattina in una sorta di famiglia, dentro un calore e un amore che traspare persino dai muri delle stanze e dai lucidi pavimenti dei corridoi. Il Fondatore è una presenza forte nella nostra scuola, se ne sente quasi il rumore dei passi, i dolcissimi richiami alla serietà di una solida cultura come base per una vera umanità e un vero amore alla vita, lo si quasi intravede con il dito e chi occhi puntati a Maria, la Vergine Immacolata. E’ in questo ambiente che i nostri figli sono cresciuti, che hanno imparato a guardare la vita, le gioie, le sofferenze. Potrei raccontare tanti fatti della nostra esperienza di genitori legati all’ambiente della scuola, parlare di tante persone splendide conosciute in questi anni; potrei parlare del rapporto con le suore, educatrici appassionate, amiche tenere, testimoni autentiche di un amore unico a Maria e Gesù; ne racconto però solo uno, che apparentemente può sembrare straordinario, direi miracoloso e lo è, ma che nello stesso tempo dice con semplicità un’evidenza, e cioè che monsignor Marcucci è vicino a noi ogni giorno, ama con noi i nostri figli, intercede tutti i giorni Maria per noi, è premuroso, ci ascolta, interviene.
Una sera di ottobre 2010, mentre stava per andare a letto la mia piccola Elisa, quarta dei miei 5 figli, mi dice che non stava bene, aveva un malessere diffuso. Improvvisamente sulla parte destra del volto, tra la tempia e la mandibola, compare un grande linfonodo e ne aveva altri in tutta la zona cervicale. Non ci siamo particolarmente preoccupati e fatta visitare, il dottore ipotizzò all’inizio una tonsillite, curata con antibiotici. I sintomi non passavano e quindi furono fatti tutti gli accertamenti, ipotizzando una mononucleosi.
Dai primi risultati che arrivarono, si iniziò a pensare che fosse altro, visto che gli esiti degli esami del sangue, non mostravano un aumento degli indici infiammatori, né c’era interessamento epatico poiché la transaminasi e la bilirubina erano nella norma (valori che solitamente si alterano con una mononucleosi in corso).
Avemmo la conferma all’arrivo dei risultati. I linfonodi al collo però, erano sempre più gonfi e non accennavano a diminuire soprattutto quello della tempia. Un noto pediatra dell’ospedale civile ci prescrisse un’urgente ecografia all’addome. Il risultato preoccupò non poco il medico esaminatore, poichè la bambina presentava linfonodi ingrossati di varie dimensioni all’addome, al collo e all’inguine, oltre a fegato, milza e pancreas notevolmente aumentati di volume. Si ipotizzò di fare una biopsia urgente ad uno dei linfonodi più grandi e quindi più preoccupante. Iniziammo ad agitarci tantissimo; guardavamo ogni istante la piccola Elisa con tremore grande, consapevoli che stava iniziando un periodo di dura prova per tutti noi. Per forti che si è non si è mai preparati ad affrontare la malattia di un figlio. MAI!!!! Da subito la forza l’abbiamo chiesta a Colui che è la forza. Ricordo era sabato, all’incirca a mezzogiorno fummo chiamati dall’ospedale di Ascoli. Il dottore che aveva eseguito l’ecografia ci informava che si era svolta una consultazione con più dottori per decidere su come muoversi per Elisa. Ci dissero che avevano pensato di asportare l’intero linfonodo e che l’operazione sarebbe stata eseguita da un chirurgo pediatrico proveniente da Ancona. Allarmati ancor di più, ci mettemmo in movimento e decidemmo di portare noi Elisa ad Ancona e in un quarto d’ora avemmo il ricovero presso il reparto di immunologia al Salesi per il giorno successivo. Il pediatra ascolano, quasi per rincuorarci, ci disse: “quando vi trasferiranno ad oncologia pediatrica fatemi sapere, ho delle conoscenze in quel reparto”. Come poter descrivere le sensazioni di quel momento, i movimenti dell’anima di una mamma e di un papà che vivono un così grande dolore!!! La preghiera si fece muta, nessuna parola, nessuna formula riuscivamo ad elevare a Dio. Solo un nome Maria, Madre Nostra, aiutaci!! Ricordo quella notte come la più buia che abbia mai vissuto, la più dolorosa, ma è pur vero che è proprio nell’oscurità che il desiderio della luce si fa forte! Le Ave Maria scandivano lente le ore, quando il pensiero e il cuore si fissarono su un volto a me caro, quello del Fondatore. Iniziai a chiamarlo, a dirgli il mio dolore. In quel momento capii che non stavo chiedendo la guarigione fisica per mia figlia, chiedevo uno sguardo di fede su ciò che ci stava succedendo, una letizia nel dire “sia fatta la tua volontà”. Con questo pensiero nel cuore mi addormentai rasserenata. Sentivo quasi realmente su di me il suo sguardo sereno, lo vedevo con il dito puntato sull’Immacolata, dirmi: “Maria è nostra Madre e Avvocata; per mezzo suo riceviamo ogni bene.”
La mattina successiva, mi alzai con serenità e forza; continuavo ad aver paura, ma ero certa che nulla sarebbe successo se non per il nostro bene. Presi una foto di Elisa per appoggiarla sulla tomba del Marcucci; in quel gesto semplice volevo tenere vicino anche fisicamente la mia piccola al Fondatore. Svegliando la bambina per prepararla notai immediatamente che quella notte qualcosa era successo: il linfonodo più grande, quello che doveva essere asportato, era quasi scomparso. I medici del Salesi visitandola dissero subito che gli esami ecografici, fatti tre giorni prima, non corrispondevano al suo stato attuale. Da nuovi accertamenti si diagnosticò una mononucleosi. Per un mese e mezzo nulla aveva fatto pensare a questa malattia, neppure accurate analisi cliniche e in poche ore il quadro clinico era cambiato rapidamente, il volume e il numero dei linfonodi rientrato nella norma, compreso il volume del fegato e della milza. Ci giungeva, intanto, il conforto di tantissime persone che ci assicuravano la vicinanza nella preghiera: le nostre suore, amici, conoscenti, e anche chi non ci conosceva personalmente. Sentivamo tutta la potenza e l’efficacia della preghiera su di noi… “Nessuno può credere da solo… Il fatto di poter credere, lo devo a coloro che mi sono vicini e che hanno creduto prima di me e credono insieme “con” me…. Mai come in questa circostanza sentimmo questo “con” reale.
Continuo a essere sicura che in “quella notte qualcosa sia successo”. Continuo a essere sicura che solo una persona abbia interceduto per Elisa e per noi presso Dio e questa è il Venerabile Marcucci. Continuo a essere sicura che il miracolo sia successo e, insieme alla guarigione di Elisa, quello della conversione dei nostri cuori.
Sono trascorsi due anni da quei giorni di “grazia”. Elisa ora è cresciuta.
Spesso, guardandola, comprendo sempre meglio, insieme a mio marito, che i figli sono un grande dono di Dio, un dono prezioso che non può esser considerato proprietà di noi genitori. Il nostro compito è solo guidarli verso il Signore perché lo conoscano, conoscano loro stessi e diventino capaci di realizzare al meglio tutte le loro potenzialità per attuare, in pienezza di libertà, il progetto che il Signore ha su di loro.
Una gratitudine grandissima al caro Fondatore Marcucci che con il suo carisma e la sua opera, attraverso le sue suore e la sua scuola, continua a sostenere, dopo quasi trecento anni, questo importante compito educativo di noi genitori e ad elargirci dal cielo grazie su grazie intercedendo presso Maria Immacolata per ognuno di noi; per chi ha occhi e cuore attenti, il miracolo si compie dunque ogni giorno!”
Figlio di Anna Maria Acciarri e Gabriele Polini, Cupra Marittima (AP), 24/01/2011:
“E’ da qualche tempo che facciamo parte del gruppo “Amici del Marcucci” e, con Suor Orsola, stiamo imparando a conoscere più profondamente il fondatore delle Pie Operaie dell’Immacolata Concezione. I primi contatti con quest’ordine risalgono ai tempi in cui i nostri figli hanno iniziato a frequentare la scuola materna nell’anno 1977, ma solo dopo molti anni il Signore ci ha chiamato a scoprirne il fondatore e visitare la Casa Madre di Ascoli Piceno. Siamo rimasti piacevolmente sorpresi di fronte alla struttura che non pensavamo fosse così importante e ci siamo emozionati visitando il museo ricco di cose appartenute al Venerabile Francesco Antonio Marcucci. Visitando le stanze dove il Venerabile ha vissuto e ascoltando la storia che la guida ci illustrava, abbiamo immaginato il Marcucci mentre si adoperava a formare tante giovani ragazze per il bene della società, guidato da un disegno divino. Uomo di grande cultura con una spiccata personalità, ha lavorato instancabilmente per il Regno di Dio e ancora oggi porta il suo sostegno a tutti coloro che attraverso lui si rivolgono al Signore per ottenere grazie speciali. A questo proposito vogliamo dare testimonianza di come la sua intercessione Beato sia potente.
Da qualche tempo nella nostra famiglia c’era un velo di tristezza. Un nostro figlio sposato da quattro anni non aveva bambini. La coppia non aveva particolari problemi di salute, ma il figlio tanto desiderato non arrivava. Mio marito ed io pregavamo tanto e così anche i ragazzi, però li vedevamo alquanto sfiduciati. Decidemmo di chiedere a Suor Sebastiana, che vediamo quasi tutti i giorni a Messa, di mettere questa nostra intenzione nelle loro preghiere. Dopo qualche giorno Suor Orsola ci parlò del Venerabile Marcucci e consigliò di fare una Novena, cosa che facemmo con gioia e fiducia. Quando, una sera i ragazzi ci annunciarono l’arrivo di un nipotino, facemmo qualche conto e con grande meraviglia costatammo che il concepimento era avvenuto durante il periodo della Novena al Venerabile Marcucci.
Il 24 gennaio è nato Davide per la gioia dei suoi genitori e di tutti noi.
Rendiamo grazie al Signore e al Venerabile per questa nuova vita e per averci voluto dare ancora una volta un segno della presenza viva e reale nella nostra vita di Gesù Risorto a sostegno della nostra piccola fede. Lode e gloria a nostro Signore e alla Mamma Celeste che veglia su i suoi figli e ci guida per vie a noi sconosciute verso suo figlio Gesù, attraverso l’intercessione e l’esempio dei santi”.
Cleuza Maria Gresele, Capitão Leonidas Marques- Paraná (Brasile), 20/03/2011
“Mi chiamo Cleuza Maria Gresele e sono un’infermiera tecnica. Il 30/09/2010, un incidente molto grave con il motorino mi ha provocato un trauma cranico. Sono stata ricoverata nell’Ospedale Universitario di Cascavel – Paraná e sono rimasta in camera intensiva in stato di coma profondo per più di dieci giorni.
Né i miei familiari, né i dottori non hanno dato speranza di vita. Con la fede in Dio e in Nostra Signora, Suor Annarosa Marinello, (Suor Benigna) è venuta a visitarmi più volte e a pregare per me con il crocifisso-reliquia del Fondatore Francesco Antonio Marcucci; io non capivo niente, ero in coma profondo, ma quando sono uscita della camera intensiva, allora ho parlato con Suor Annarosa e, mettendo la mano sopra l’immagine del Fondatore, ho sentito l’emozione di essere viva, di sentire la presenza del Fondatore ed ho avuto la certezza di essere guarita.
Oggi sto scrivendo per fare memoria della grazia ricevuta e per ringraziare il Venerabile Francesco Antonio Marcucci della grazia che mi ha ottenuta. Suor Benigna continua a venire a trovarmi, specie dopo la morte di mamma, e mi porta tanto conforto”.
Maria Grazia Campanile, la sua testimonianza, Cossignano (AP), 20/05/2011
“Carissime Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione,
sento una grande emozione nel comunicarvi che venerdì 1 aprile 2001 ho ricevuto una grazia dal vostro Fondatore Mons. Francesco Antonio Marcucci.
Mi chiamo Maria Grazia, sono moglie e mamma di quattro bambini e abito a Cossignano, AP. Quel giorno stavo scendendo le scale di casa di fretta, al buio ed ero molto stanca. Non mi sono accorta del gradino e mi si è piegato e girato il piede: non riuscivo ad appoggiarlo a terra ed ho chiesto aiuto a mia figlia Benedetta. Mi sono subito distesa sul letto mentre la caviglia si gonfiava sempre più. Spaventatissima, non sapevo cosa fare per calmare il dolore, ho aspettato mio marito che era uscito.
Ad un tratto mi è venuto un pensiero particolare. Dovevo chiedere una grazia per la guarigione del piede e ho pensato a Mons. Marcucci in particolare perché qualche mese fa, insieme a Suor Anna, nella chiesa interna della Casa Madre di Ascoli Piceno, ho visitato la sua tomba e mi sono sentita piena di gioia e ho pregato per la mia famiglia.
Quella notte, dopo aver pregato, ho sentito un gran calore proprio nel punto interessato dall’ “incidente”. Mi sono rasserenata, anche se non ho chiuso occhio dal dolore; ho chiesto a mio marito di portarmi al Pronto Soccorso, ma lui era molto stanco e così abbiamo aspettato il mattino.
Giorno dopo giorno il dolore diminuiva, ma il piede, di sera, si gonfiava. Dopo una settimana, ho deciso di recarmi dal medico, che mi ha diagnosticato una slogatura e mi ha prescritto o un’ingessatura per quindici giorni, oppure una fascia elastica per uno o due mesi; mi ha, inoltre, consigliato di non camminare con il piede destro.
Ho scelto la seconda opzione in quanto, non avendo aiuti in casa, non potevo permettermi il lusso di stare immobile con il gesso per ben 15 giorni!
Ma il Signore Gesù e Monsignor Marcucci mi hanno letteralmente “sostenuto” e, a piccoli passi, sono riuscita a fare tante piccole cose utili a casa, senza sforzarmi troppo.
E’ stata una prova molto forte, ma è servita a me e a tutta la famiglia. Ringrazio il Signore e Mons. Marcucci per avermi guarito sia fisicamente che spiritualmente.
Un saluto a tutte voi”.
Flavia Aparecida Borchart Pessi, la sua testimonianza, Cascavel (Brasile), 15/10/2011:
“Che Dio benedica coloro che si sono preoccupati con me e mi hanno aiutato nel momento del dolore!
Questa storia è composta di molta fede e preghiera. A 30 anni, ero incinta di una bambina di sette mesi che aspettavamo con molto amore.
La gravidanza era tranquilla, ma una notte mi sono svegliata che ero in travaglio di parto e perdevo molto sangue.
Subito sono andata all’ospedale e i dottori hanno diagnosticato il caso grave e mi hanno fatto un parto cesareo di emergenza. Sentivo molto dolore, la pressione era troppo alta e non riuscivo vedere bene. Allora ho iniziato a pregare con fede Maria Immacolata perché non volevo perdere la mia bambina: ne avevo già persa un’altra di 25 settimane, sempre per problemi di pressione alta.
Dopo l’intervento, è nata la piccola Maria Eduarda, che dopo pochi minuti è morta. Quando mi sono svegliata, ho pianto tantissimo, perché un’altra volta scompariva il mio sogno. Mi hanno poi ricoverata al reparto di medicina intensiva: ero troppo debole e non avevo nemmeno forza per pregare e per litigare con Dio. Uscendo dall’unità intensiva, sono ritornata in reparto, ma mi sentivo male, ho avuto un’insufficienza renale molto grave e i dottori avevano avvertito la mia famiglia.
E’ venuta a trovarmi Suor Wilma, una suora Pia Operaia e mi ha detto che le suore stavano facendo la novena al Fondatore Marcucci. Anch’io ho detto al Marcucci che non poteva abbandonarmi perché sono sua figlia. Dovevo guarire per far crescere mio figlio Davide. Abbiamo parlato molto con Suor Wilma che mi ha detto che ero molto amata da Dio e che in quel momento di dolore, il Fondatore Marcucci stava intercedendo per me, mi portava in braccio e Maria Immacolata mi copriva con il suo manto celeste: Dio aveva un progetto su di me. Queste parole hanno penetrato il mio cuore, ho ricevuto la Comunione e ho iniziato ad avere un po’ di pace. Il giorno dopo Suor Elena mi ha portato una piccola cappellina di legno e la novena del Fondatore con la reliquia che ho messo dentro il reggiseno, perché in quel reparto non fanno tenere nulla. Ogni giorno che passava, imploravo l’intercessione del Marcucci e sono certa che egli stava a mio fianco, mi ha aiutato a capire che il dolore fa parte della vita.
Le visite dal mio marito e dei miei genitori mi davano forza per lottare, c’era una catena di preghiere per me. Quasi tutti i giorni le suore venivano a trovarmi, mi sentivo forte con la loro presenza. Un giorno suor Elena mi disse che in Italia Suor Vanessa aveva scritto il mio nome sulla tomba del fondatore; questo mi ha lasciato profondamente felice, aspettavo il miracolo e sentivo nel mio cuore che il Marcucci veramente stava al mio fianco, il mio nome stava nella sua tomba e le mie preghiere non erano invano.
Dopo 13 giorni, la mia situazione era ancora instabile, i reni erano fermi e i medici dicevano che ci volevano molti giorni, forse 90 per tornare normale, ma io chiedevo ancora con più fede al Marcucci la guarigione.
Ho chiesto l’unzione degli infermi. Padre Moisès mi ha consigliato di offrire questo mio dolore per le altre persone malate che stavano vicino a me. Il giorno dopo, mi hanno somministrato medicine molto forti e mi sono addormentata. Due ore dopo, quando mi sono svegliata, mi sono accorta che il sondino era pesante, perché i reni avevano iniziato a lavorare. Allora ho chiamato l’infermiera, che subito ha chiamato il dottore; tutti eravamo felici, il dottore non credeva a quello che stava succedendo; io dissi che era un miracolo, e lui mi rispose: “è vero perché non riesco a spiegarmi come sia successo cosi presto”! Piangevo e ringraziavo Gesù e il Marcucci: era un’emozione molto grande che non riesco a descrivere.
Il giorno dopo l’equipe medica osservò le analisi e disse che il mio quadro clinico era cambiato senza spiegazione. Il dottore mi domandò chi fosse questo Marcucci, e io ho risposi che era il mio padre, il fondatore delle suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione, lui ha sorriso e mi ha detto che potevo uscire dalla camera intensiva; io piangevo e ringraziavo Marcucci.
Ho subito telefonato alle Suore per dire che Marcucci aveva fatto il miracolo e Dio per mezzo dell’Immacolata mi aveva guarita e ho pianto molto di gioia.
Sono rimasta altri 10 giorni in ospedale e ogni giorno che passava mi sentivo più guarita.
Appena uscita, insieme a mio marito siamo andate in chiesa davanti al Santissimo a ringraziare per la grazia ricevuta.
Oggi sto bene, non prendo più medicine e la mia vista è tornata normale. Sarò sempre grata al Marcucci per la sua intercessione e sono certa che lui è un santo”.
[1] Suor Maria Vanessa F. Hilario, in “Luci di Maria” (Anno XXXIII, n.5 settembre-ottobre 2003), 16-17.
[2] Maria Ernesta Campanelli Cellini, in “Luci di Maria” (Anno XXXIV, n.2, marzo-aprile 2004), 23-24.
[3] Mecca Maria, in “Luci di Maria” (Anno XXXIV, n.3 maggio-giugno 2004), 27-28.
[4] Suor M. Paola Giobbi, in “Luci di Maria” (Anno XXXIV, n.4 luglio-agosto 2004), 22.
[5] Francesca, in “Luci di Maria” (Anno XXXV, n.1 gennaio-febbraio 2005), 31.
[6]La mamma e il papà di Erika, in “Luci di Maria” (Anno XXXV, n.2 marzo-aprile 2005), 17-18.
[7] Elena Di Stefano, in “Luci di Maria” (Anno XXXV, n. 4 luglio-agosto 2005), 22.
[8] Laura Ferri, in “Luci di Maria” (Anno XXXVIII, n.6 novembre-dicembre 2008), p. 27.
Contatti
Per richiesta di immagini, biografie e reliquie e per segnalazioni di “grazie” ottenute per intercessione del Venerabile, scrivere alla Postulatrice Suor Maria Paola Giobbi,
Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione, Via S. Giacomo, 3 – 63100 Ascoli Piceno
Tel.: 0736/259977. E. Mail: mariapaolagiobbi@libero.it
Chi desidera sostenere con un’offerta la causa di beatificazione del Venerabile Marcucci, può farlo sul c/c Banca Prossima intestato a: intestato a:
Istituto Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione – Beatificazione Mons. Marcucci
IBAN: IT13 H033 5901 6001 0000 0074 738